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Chi è Silvia Ronchey

Chi è Silvia Ronchey

Presentiamo Silvia Ronchey, oltre naturalmente perché ha scritto libri interessantissimi e ricchi (vedi sotto per una scelta bibliografica), in relazione al video dell’intervista a James Hillman di cui abbiamo parlato qua.

Silvia Ronchey è una saggista e bizantinista italiana. Già professoressa associata all’Università di Siena, è oggi ordinaria di Civiltà bizantina nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma Tre.

Figlia della scrittrice Vittoria Aliberti e di Alberto Ronchey – giornalista, scrittore e ministro dei Beni Culturali – ha frequentato negli anni ’70 il liceo classico Massimo d’Azeglio di Torino e poi il liceo classico Ennio Quirino Visconti di Roma. Proprio durante gli anni liceali ha maturato il suo interesse per la civiltà bizantina:

«… passavo il mio [tempo] nell’adiacente Biblioteca Casanatense, o mi spingevo fino all’Angelica. Ho continuato per tutti i tre anni del liceo, e quando mi sono accorta che la letteratura greca non finiva con quella che all’epoca si chiamava ellenistica, come poteva sembrare dai manuali scolastici, ma continuava per undici secoli, appunto a Bisanzio, ho cominciato a inoltrarmi con emozione in quella frontiera sconosciuta.» (Gian Paolo Grattarola Mangialibri.it intervista Silvia Ronchey, 2011)

Insieme allo scrittore e docente universitario Giuseppe Scaraffia è stata autrice e conduttrice di trasmissioni per la RAI e ha anche realizzato una serie di interviste a grandi nomi della cultura come Ernst Jünger, Claude Lévi-Strauss, James Hillman, David Lodge, Jean-Pierre Vernant.

L’incontro con lo psicoanalista, saggista e filosofo statunitense James Hillman, in particolare, ha dato origine a una duratura collaborazione che si è espressa, oltre che nelle interviste televisive, nei due libri-dialogo L’anima del mondo e Il piacere di pensare, protraendosi fino alla scomparsa di Hillman, del cui ultimo libro Silvia Ronchey ha curato nel 2021 la pubblicazione postuma, dal titolo L’ultima immagine, opera vincitrice l’anno successivo del Premio Viareggio sezione Saggistica.

SCELTA DI OPERE DI SILVIA RONCHEY – Silvia Ronchey ha scritto centinaia di articoli specialistici e numerosi libri. L’elenco completo delle sue pubblicazioni lo trovate qua. Se dovessimo scegliere alcuni dei suoi volumi, sceglieremmo i seguenti.

  • L’ultima immagine (2023) James Hillman con Silvia Ronchey – Questo libro postumo racchiude l’estremo pensiero di James Hillman. Non è solo la summa e l’ultimo approdo della riflessione sull’immagine, che fin dall’inizio sostanzia la sua idea di anima e tutta la sua psicologia. È anche il testamento, etico e politico, che uno dei massimi pensatori del Novecento ha voluto strenuamente concludere sul letto di morte, restando pensante sino alla soglia finale dell’intelletto, dell’introspezione, della biologia stessa
  • L’anima del mondo. Conversazione con Silvia Ronchey (2001) – A colloquio con James Hillman.
  • Ipazia (2011) – Con rigore filologico e storiografico e grande abilità narrativa, Silvia Ronchey ricostruisce in tutti i suoi aspetti l’avventura esistenziale e intellettuale di Ipazia, inserendola nella realtà culturale e sociale del mondo tardoantico, sullo sfondo del tumultuoso passaggio di consegne tra il paganesimo e il cristianesimo.
  • LA CHICCA: “Il seme del male”, la postfazione al romanzo di Robert Graves Sette giorni fra mille anni, romanzo distopico di un futuro in cui una società di stampo matriarcale. Di Robert Graves abbiamo parlato qua (al link trovi anche numerose recensioni).
  • Come detto, Silvia Ronchey ha scritto numerosissimi libri. Qui trovate tutta la sua produzione libraria recente.

L’intervista di SIlvia Ronchey a James Hillman: il nostro post con la bibliografia dei testi citati nel filmato e il link al video.

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Recensione a “Sette giorni fra mille anni” di Robert Graves

Recensione a “Sette giorni fra mille anni” di Robert Graves

Uno strano ma affascinante romanzo, diverso dagli altri libri di Graves, che ci ha abituato a romanzi storici o pseudo-storici sul lontano passato. Una premessa, il titolo italiano è ingannevole: “Sette giorni fra mille anni” sembra situare il romanzo in un futuro remoto, cosa che il titolo originale in inglese non fa. “Seven Days in New Crete” colloca sì la storia nel futuro, ma non vi è un riferimento preciso al tempo tra il presente del narratore (la prima metà del ventesimo secolo) e il tempo in cui si svolgono gli accadimenti (il futuro ma non così lontano, secondo me).

Il romanzo è ambientato in un futuro costruito a tavolino nel periodo storico della “fine del cristianesimo”, tramite un esperimento scientifico nato sull’isola di Creta dove è stata bandita la tecnologia e da dove la nuova società si è espansa nel corso del tempo a una buona metà del globo terrestre. Il narratore è un poeta del ventesimo secolo, Edward Venn-Thomas che viene “evocato” nel futuro dai alcuni maghi che vogliono porgli delle domande sul passato, e viene evocato dietro ispirazione diretta della Dea che presiede la casta dei maghi. La società futura si basa su cinque caste: i capitani, gli archivisti, il popolo, i servi e i maghi-poeti. Vi è anche all’interno del capitolo 4 “Le origini di Nuova Creta” un’interessante racconto di come la civiltà capitalistica e cristiana si sia evoluta nella civiltà neocretese. Molto interessante! I limiti del capitalismo e della scienza che spazza via la spiritualità sono molto attuali e intriganti.

La nuova società, i suoi usi e costumi, sono ispirati dalla Dea, da una religione e struttura sociale basta sul matriarcato e sul tempo lunare. La scienza è stata bandita a favore della magia, che i maghi poeti esercitano per appianare le divergenze e i problemi che si presentano nella vita quotidiana. Interessante anche la descrizione del passaggio di consegne tra il Re Consorte e il Suo Successore, che avviene due volte all’anno ed è presieduto dalla Dea-Regina in persona.

All’inizio Nuova Creta sembra un posto e una società idilliaca, ma presto comincia a mostrare i segni di un auto-soddisfacimento pericoloso, che la Dea vuole combattere e per farlo utilizza la presenza del Poeta che viene dal passato e che instillerà nelle cinque caste il seme del dubbio e della capacità di mutare le cose: il restare uguali a se stessi è visto come una potenziale arma di distruzione e di decadenza. La nuova fase storica del (diciamolo!) invidiabile futuro si prepara sotto la guida della Dea…

Un libro in cui Graves parla di se stesso, degli amori della sua vita (descritti nei quattro personaggi femminili di Antonia, Zaffiro, Erica e Sally) e del suo ruolo di poeta.

Interessante anche la postfazione di Silvia Ronchey, che descrive lo scopo dei romanzi utopici del ventesimo secolo (“Il Mondo Nuovo” di Huxley, “1984” di Orwell e, appunto, questo romanzo di Graves) e traccia interessanti ipotesi di lettura. Un libro che si legge in un pomeriggio e che lascia una bella atmosfera nella mente e nel cuore, oltre che una nota di speranza leggera per il futuro che ci aspetta.

Robert Graves (1949), Sette giorni fra mille anni, Edizioni nottetempo, 2015. 20 Euro.

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