Recensione a “Sette giorni fra mille anni” di Robert Graves

Recensione a “Sette giorni fra mille anni” di Robert Graves

Uno strano ma affascinante romanzo, diverso dagli altri libri di Graves, che ci ha abituato a romanzi storici o pseudo-storici sul lontano passato. Una premessa, il titolo italiano è ingannevole: “Sette giorni fra mille anni” sembra situare il romanzo in un futuro remoto, cosa che il titolo originale in inglese non fa. “Seven Days in New Crete” colloca sì la storia nel futuro, ma non vi è un riferimento preciso al tempo tra il presente del narratore (la prima metà del ventesimo secolo) e il tempo in cui si svolgono gli accadimenti (il futuro ma non così lontano, secondo me).

Il romanzo è ambientato in un futuro costruito a tavolino nel periodo storico della “fine del cristianesimo”, tramite un esperimento scientifico nato sull’isola di Creta dove è stata bandita la tecnologia e da dove la nuova società si è espansa nel corso del tempo a una buona metà del globo terrestre. Il narratore è un poeta del ventesimo secolo, Edward Venn-Thomas che viene “evocato” nel futuro dai alcuni maghi che vogliono porgli delle domande sul passato, e viene evocato dietro ispirazione diretta della Dea che presiede la casta dei maghi. La società futura si basa su cinque caste: i capitani, gli archivisti, il popolo, i servi e i maghi-poeti. Vi è anche all’interno del capitolo 4 “Le origini di Nuova Creta” un’interessante racconto di come la civiltà capitalistica e cristiana si sia evoluta nella civiltà neocretese. Molto interessante! I limiti del capitalismo e della scienza che spazza via la spiritualità sono molto attuali e intriganti.

La nuova società, i suoi usi e costumi, sono ispirati dalla Dea, da una religione e struttura sociale basta sul matriarcato e sul tempo lunare. La scienza è stata bandita a favore della magia, che i maghi poeti esercitano per appianare le divergenze e i problemi che si presentano nella vita quotidiana. Interessante anche la descrizione del passaggio di consegne tra il Re Consorte e il Suo Successore, che avviene due volte all’anno ed è presieduto dalla Dea-Regina in persona.

All’inizio Nuova Creta sembra un posto e una società idilliaca, ma presto comincia a mostrare i segni di un auto-soddisfacimento pericoloso, che la Dea vuole combattere e per farlo utilizza la presenza del Poeta che viene dal passato e che instillerà nelle cinque caste il seme del dubbio e della capacità di mutare le cose: il restare uguali a se stessi è visto come una potenziale arma di distruzione e di decadenza. La nuova fase storica del (diciamolo!) invidiabile futuro si prepara sotto la guida della Dea…

Un libro in cui Graves parla di se stesso, degli amori della sua vita (descritti nei quattro personaggi femminili di Antonia, Zaffiro, Erica e Sally) e del suo ruolo di poeta.

Interessante anche la postfazione di Silvia Ronchey, che descrive lo scopo dei romanzi utopici del ventesimo secolo (“Il Mondo Nuovo” di Huxley, “1984” di Orwell e, appunto, questo romanzo di Graves) e traccia interessanti ipotesi di lettura. Un libro che si legge in un pomeriggio e che lascia una bella atmosfera nella mente e nel cuore, oltre che una nota di speranza leggera per il futuro che ci aspetta.

Robert Graves (1949), Sette giorni fra mille anni, Edizioni nottetempo, 2015. 20 Euro.

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