Teseo sul trono di Atene (Mito di Teseo – Parte 5 di 6)

Teseo sul trono di Atene (Mito di Teseo – Parte 5 di 6)

Il racconto del mito di Teseo è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 16: Teseo – Lo stato e le donne.

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Teseo a Creta (Mito di Teseo – Parte 4 di 6)

Quando Teseo succedette al padre suo Egeo sul trono di Atene, rafforzò il proprio potere mettendo a morte quasi tutti i rivali, salvo Pallade e quanti dei suoi cinquanta figli erano sopravvissuti. Alcuni anni dopo, tuttavia, egli uccise anche costoro per misura precauzionale; accusato di assassinio presso il tribunale di Apollo il Delfino, si difese dicendo che si trattava di «omicidio giustificabile», una scusa mai addotta prima d’allora, e fu assolto. Si recò poi a Trezene, dove regnava suo figlio Ippolito, per esservi purificato, e rimase là un anno intero. Al ritorno, sospettò della lealtà di un fratellastro, chiamato anch’egli Pallade, e subito lo esiliò. Teseo si rivelò un sovrano illuminato e iniziò la politica della federazione che fu l’origine dello splendore di Atene. Fino a quei tempi l’Attica era stata divisa in dodici comunità e ciascuna si amministrava senza ricorrere al re d’Atene, se non nei casi di emergenza. Gli Eleusini avevano persino dichiarato guerra a Eretteo e le lotte intestine non si contavano. Per indurre queste comunità a rinunciare alla loro indipendenza, Teseo doveva affrontare a uno a uno i capi delle tribù e dei gruppi familiari, e così fece. Trovò i servi e i piccoli proprietari disposti a obbedirlo e si conquistò le simpatie di molti grandi proprietari quando promise di abolire la monarchia sostituendola con la democrazia, pur riservando per sé i titoli di comandante in capo e di giudice supremo. E infine usò la forza contro coloro che ancora si opponevano al suo progetto. Teseo fu investito così del potere di sciogliere tutti i governi locali, dopo aver convocato i loro delegati ad Atene, dove istituì il Gran Concilio e la Corte Suprema, che esistono tuttora. Ma non volle interferire nelle leggi che governano la proprietà privata. Unì poi i sobborghi di Atene alla città vera e propria che, fino a quel giorno, si componeva dell’Acropoli e dell’immediata zona circostante e comprendeva i templi di Zeus Olimpio, di Apollo Pizio, della Madre Terra, di Dioniso delle Paludi e l’acquedotto delle ove Sorgenti. Gli Ateniesi chiamano ancora l’Acropoli «la città». Teseo volle che il sedicesimo giorno del mese Ecatomeone (luglio) fosse detto «Giorno della Federazione» e vi si celebrasse una festa in onore di Atena, con sacrifici incruenti offerti alla Pace. Ai Giochi Ateniesi diede il nuovo nome di «Panatenee» e tutta l’Attica poteva parteciparvi; Teseo introdusse anche il culto di Afrodite Federale e della Persuasione. Poi, rinunciando al trono, come aveva promesso, diede all’Attica una nuova costituzione, e sotto i migliori auspici: l’oracolo delfico aveva infatti profetizzato che Atene avrebbe solcato il procelloso mare senza pericolo.

Per favorire lo sviluppo della città, Teseo invitò tutti gli stranieri che ne riteneva degni a divenire suoi concittadini. I suoi araldi, che percorsero l’intera Grecia, lanciavano un richiamo ancora in uso: «Fatevi avanti, o gente!» Molti stranieri affluirono dunque ad Atene e Teseo divise la popolazione in tre classi; gli Eupatridi, ossia coloro che «bene meritarono dalla patria»; i Georgi, ossia i contadini, e i Demiurghi, o artefici. Gli Eupatridi occupavano le cariche più alte: erano sacerdoti, magistrati, interpreti della legge; i Georgi coltivavano la terra ed erano la spina dorsale della nazione; i Demiurghi, che formavano la classe più numerosa, erano artigiani di ogni tipo, carpentieri, araldi, chirurghi, indovini, scultori e sarti. Così Teseo fu il primo re che fondò una comunità sociale bene organizzata e per questa ragione Omero, nel Catalogo delle Navi, indica gli Ateniesi come il solo popolo sovrano; la sua costituzione rimase in vigore finché i tiranni si impadronirono del potere. Taluni tuttavia negano che questa tradizione corrisponda alla verità; essi dicono che Teseo continuò a regnare come prima e che, dopo la morte di re Menesteo che guidò gli Ateniesi contro Troia, la sua dinastia durò per altre tre generazioni. Teseo, il primo re ateniese che batté moneta, usò come conio l’immagine di un toro. Non si sa se questo animale rappresentasse Poseidone o Tauro, il generale di Minosse; oppure se fosse un simbolo propiziatorio per l’agricoltura; ma determinò tuttavia una scala di valori indicata dai termini «dieci buoi» o «cento buoi» e che fu usata per molto tempo. Emulando Eracle, che aveva nominato Zeus patrono dei Giochi Olimpici, Teseo nominò Poseidone patrono dei Giochi Istmici. Fino a quel giorno patrono di quei giochi era stato Melicerte figlio di Ino e i giochi stessi, che si celebravano nottetempo, avevano più il carattere di misteri che di pubblico spettacolo. Inoltre, Teseo riaffermò la sovranità di Atene su Megara e, convocati sull’istmo i delegati del Peloponneso, riuscì a imporre il proprio parere per dirimere una vecchia questione di confini tra i Peloponnesiaci e i loro vicini Ioni. In un luogo prescelto con pieno accordo dalle due parti, egli innalzò la famosa colonna sul cui lato orientale era scritto: «Questo non è Peloponneso, ma Ionia», e sul lato occidentale: «Questa non è Ionia, ma Peloponneso». Ottenne altresì che Corinto concedesse agli Ateniesi il posto d’onore nei Giochi Istmici; tale posto d’onore consisteva in tanto spazio di terreno quanto poteva esserne coperto dalla vela maestra della nave che aveva portato gli Ateniesi all’istmo.

Vai a: Teseo e le Amazzoni (Mito di Teseo – Parte 6 di 6)

ll mito di Teseo, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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