Le dodici fatiche di Eracle: 12) La cattura di Cerbero, il guardiano infernale

Le dodici fatiche di Eracle: 12) La cattura di Cerbero, il guardiano infernale

Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Le dodici fatiche di Eracle: 11) I pomi d’oro delle Esperidi

L’ultima e più ardua fatica di Eracle fu catturare il cane Cerbero nel Tartaro. Per prepararsi a questa impresa l’eroe si recò a Eleusi dove chiese di essere iniziato ai Misteri e si cinse il capo con la corona di mirto. Oggigiorno tutti i Greci di buona reputazione possono essere iniziati a Eleusi ma poiché ai tempi di Eracle vi erano ammessi soltanto gli Ateniesi, Teseo propose che un certo Pilio lo adottasse. Pilio acconsentì, e quando Eracle fu purificato per il suo massacro dei Centauri, perché nessuno con le mani sporche di sangue poteva essere ammesso ai Misteri, fu iniziato dal figlio di Orfeo, Museo, mentre Teseo gli faceva da padrino. Tuttavia Eumolpo, il fondatore dei Grandi Misteri, aveva decretato che nessuno straniero vi poteva essere ammesso e perciò gli Eleusini, restii a rifiutare la richiesta di Eracle, e però dubitando che la sua adozione da parte di Pilio facesse di lui un vero Ateniese, stabilirono in suo onore i Piccoli Misteri; altri dicono che Demetra stessa onorò Eracle istituendo i Piccoli Misteri in quell’occasione. Ogni anno si svolgono due diversi Misteri Eleusini: i Grandi, in onore di Demetra e di Core, e i Piccoli, in onore della sola Core. Questi Piccoli Misteri, una preparazione dei Grandi, rievocano la sorte di Dioniso con una rappresentazione drammatica che si svolge ad Agra presso il fiume Ilisso, nel mese Antesterione. I riti principali comportano il sacrificio di una scrofa, che gli iniziati dapprima lavano nel fiume Cantaro; in seguito sono purificati da un sacerdote che porta il nome di Idrano. Dovranno poi aspettare un anno prima di partecipare ai Grandi Misteri, che si svolgono in Eleusi nel mese Boedromione, e sono legati al silenzio da un solenne giuramento che fanno in presenza del mistagogo. Nell’attesa è loro negato l’accesso al santuario di Demetra e aspettano nel vestibolo mentre si svolgono le cerimonie solenni. Così purificato e preparato. Eracle discese al Tartaro da Tenaro in Laconia; o, altri dicono, dalla penisola Acherusia presso Eraclea sul Mar Nero, dove si mostrano ancora, a grande profondità, tracce del suo passaggio. Fu guidato da Atena e da Ermete: ogni qual volta infatti, esausto per le Fatiche sostenute, egli invocava disperatamente Zeus, Atena era subito al suo fianco, pronta a confortarlo. Terrificato dal cipiglio di Eracle, Caronte lo traghettò al di là del fiume Stige senza esitare; per punirlo di questa sua disobbedienza, Ade in seguito lo incatenò per un anno intero. Appena Eracle fu sbarcato sulla riva opposta tutte le ombre fuggirono, salvo Meleagro e la Gorgone Medusa. Alla vista di Medusa Eracle estrasse la spada, ma Ermete lo rassicurò dicendogli che si trattava soltanto di un fantasma. E quando incoccò una freccia per colpire Meleagro, che indossava una splendida armatura, Meleagro rise e disse: «Tu non hai nulla da temere dai morti» e conversarono amichevolmente per un po’.Infine si offrì di sposare la sorella di Meleagro, Deianira. Presso le porte del Tartaro, Eracle trovò i suoi amici Teseo e Piritoo legati a sedie di tortura, e strappò i lacci di Teseo, ma fu costretto a lasciare incatenato Piritoo: poi fece rotolare via il sasso che aveva imprigionato Ascalafo, e infine, per ingraziarsi le ombre con un dono di sangue, sgozzò un capo della mandria di Ade. Il mandriano, Menete o Menezio, figlio di Centonimo, lo sfidò a una gara di lotta, ma subito Eracle lo strinse alla vita e gli spezzò le cestole. A quel punto Persefone, che era uscita dal suo palazzo e aveva salutato Eracle come un fratello, implorò che lasciasse in vita Menete. Quando Eracle chiese di Cerbero, Ade, ritto al fianco della moglie, replicò sogghignando: «II cane è tuo se saprai domarlo senza usare la clava o le frecce». Eracle trovò il cane presso le porte dell’Acheronte e risolutamente lo afferrò per la gola, dalla quale sorgevano tre teste ricoperte di serpenti. La coda irta di aculei scattò per colpire, ma Eracle, protetto dalla pelle di leone, non allentò la stretta finché Cerbero, mezzo soffocato, si arrese.

Sulla via del ritorno Eracle si intrecciò una corona con le fronde dell’albero che Ade aveva piantato presso i Campi Elisi in ricordo della sua amante, la bellissima Ninfa Leuca. Le foglie marginali di tale corona rimasero nere, perché questo è il colore dell’Oltretomba; ma le foglie che aderivano alla fronte di Eracle furono tinte in bianco-argento dal sudore dell’eroe. Ecco perché il pioppo bianco o tremula gli è sacro; il suo colore significa che Eracle ha compiuto le Fatiche in ambedue i mondi. Con l’aiuto di Atena, Eracle attraversò il fiume Stige sano e salvo, e poi trascinò Cerbero su per l’orrido che si trova presso Trezene, dove Dioniso aveva guidato sua madre Semele. Nel tempio di Artemide Salvatrice, costruito da Teseo all’imboccatura di quell’orrido, sorgono ora degli altari sacri alle divinità degli Inferi. Pure a Trezene si vede ancora oggi dinanzi all’antico palazzo di Ippolito una fontana scoperta da Eracle. Secondo un’altra versione. Eracle trascinò Cerbero, legato con catene adamantine, lungo un sentiero sotterraneo che conduce alla cupa grotta di Acona, presso Mariandine sul Mar Nero. Poiché Cerbero opponeva resistenza, abbagliato dalla luce solare, e abbaiava furiosamente con tutte e tre le bocche, la sua saliva volò sopra i verdi campi circostanti e fece nascere la velenosa pianta dell’aconito, detta anche ecatea, perché Ecate fu la prima a usarla. Un’altra leggenda dice che Eracle ritornò sulla superficie terrestre attraverso Tenaro, il famoso tempio a forma di grotta dinanzi al quale sorge un simulacro di Poseidone; ma se davvero vi era una via che risaliva al tempio dall’Oltretomba, fu in seguito bloccata. Infine taluni dicono che Eracle emerse nel sacro recinto di Zeus Lafistio, sul monte Lafistio, dove si trova una statua di Eracle lungimirante. Tutti concordano tuttavia nell’affermare che, non appena Eracle ebbe condotto Cerbero a Micene, Euristeo, il quale stava celebrando un sacrificio, gli porse la porzione destinata agli schiavi, riservando le porzioni migliori della vittima per la sua gente; Eracle allora manifestò il suo giusto sdegno uccidendo tre dei figli di Euristeo: Perimede, Euribio ed Euripilo. Oltre all’aconito Eracle scoprì anche i seguenti semplici: l’eraclea panacea, ossia l’origano selvatico; l’eraclea sideria, con il suo stelo sottile, le foglie simili a quelle del coriandolo, che cresce presso i laghi e presso i fiumi ed è un eccellente rimedio per tutte le ferite d’arma da taglio; e lo iosciamo o embane, che provoca vertigini e pazzia. L’eraclea ninfea, che ha una radice a forma di clava, fu così chiamata in ricordo di una certa Ninfa abbandonata da Eracle, che morì di gelosia; rende impotenti gli uomini per un periodo di dodici giorni.

Vai a: Il mito di Eracle (Parte 3 di 11): la morte di Ifito

ll mito di Eracle, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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