Teseo e Medea (Mito di Teseo – Parte 3 di 6)

Teseo e Medea (Mito di Teseo – Parte 3 di 6)

Il racconto del mito di Teseo è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 16: Teseo – Lo stato e le donne.

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Le fatiche di Teseo (Mito di Teseo – Parte 2 di 6)

Giunto in Attica, presso le rive del fiume Cefiso, Teseo fu accolto dai figli di Fitalo che lo purificarono dal sangue da lui versato, e in particolare dal sangue di Sini, che gli era parente per parte di madre. L’altare di Zeus Benigno sorge ancora sulla riva del fiume, là dove ebbe luogo la cerimonia. In seguito i Fitalidi accolsero Teseo come loro ospite e quella fu la prima casa che lo ospitò da quando egli aveva lasciato Trezene. Indossando una lunga veste che gli sfiorava i piedi e con i capelli bene intrecciati, Teseo entrò in Atene l’ottavo giorno del mese Cronio, ora chiamato Ecatombeone. Mentre passava dinanzi al tempio quasi ultimato di Apollo, un gruppo di muratori lo scambiò per una fanciulla e gli chiese con tono impertinente perché se ne andasse in giro senza essere accompagnato. Disdegnando di rispondere, Teseo staccò un bue dal carro dei muratori e lo lanciò in aria, ben più in alto del tetto del tempio. Ora, mentre Teseo cresceva a Trezene,

Egeo aveva mantenuto la promessa fatta a Medea, ospitandola quando essa fuggì da Corinto sul famoso cocchio trainato da serpenti; in seguito la sposò, convinto che le sue arti magiche gli avrebbero permesso di generare un erede; infatti egli non sapeva ancora che Etra aveva dato alla luce Teseo. Medea tuttavia riconobbe Teseo non appena egli giunse in città e ne divenne gelosa per via di Medo, il figlio che aveva avuto da Egeo e che si supponeva gli sarebbe succeduto sul trono. Essa dunque fece credere a Egeo che Teseo fosse una spia o un assassino, e lo indusse a invitarlo alla festa nel Tempio del Delfino; Egeo, che si serviva del tempio come della propria residenza, si preparò a offrire a Teseo una coppa di vino affatturato da Medea. Questo vino conteneva dell’aconito, un veleno che Medea aveva portato da Acherusia in Bitinia, dove il fiore mortale dell’aconito era sbocciato dalla bava di Cerbero furibondo mentre Eracle lo trascinava fuori dal Tartaro. L’aconito è così chiamato perché fiorisce sulla nuda roccia. Taluni dicono che quando il bue arrostito fu servito nel Tempio del Delfino, Teseo estrasse la spada per trinciare la carne e così attrasse l’attenzione di suo padre; ma secondo altri egli si era già portato la coppa alle labbra senza sospettare di nulla quando Egeo notò i serpenti Eretteidi incisi sull’elsa eburnea della spada e rovesciò il veleno per terra. E ancora si mostra, sul nudo impiantito del tempio, il luogo dove la coppa cadde. Seguirono i più grandi festeggiamenti che Atene avesse mai visto.

Egeo abbracciò Teseo e lo riconobbe come figlio dinanzi al popolo radunato. Fuochi furono accesi dinanzi a ogni altare e i simulacri degli dei si coprirono di offerte votive; ecatombi di buoi inghirlandati di fiori vennero sacrificate e nel palazzo e nella città i nobili e il popolo esultarono assieme, e cantarono le gloriose imprese di Teseo, già più numerose degli anni della sua vita. Animato da propositi di vendetta, Teseo inseguì allora Medea; essa però riuscì a sfuggirgli avvolgendo il proprio corpo in una magica nube e si allontanò da Atene con il giovane Medo e una scorta generosamente concessale da Egeo. Altri dicono che Medea partì in compagnia di Polisseno, il figlio avuto da Giasone. Pallade e i suoi cinquanta figli, i quali da tempo sostenevano che Egeo non era un vero Eretteide ne poteva avanzare pretese al trono, si ribellarono apertamente quando videro le loro speranze di governare in Atene minacciate da un pezzente straniero. Essi divisero le loro forze: Pallade con venticinque dei suoi figli marciò sulla città partendo da Sfetto, mentre gli altri venticinque prepararono un’imboscata a Gargetto. Ma Teseo, informato da un araldo chiamato Leo, della tribù degli Agni, balzò sui guerrieri in agguato e li sterminò. Pallade sgomento invocò la pace. I Pallantidi non perdonarono mai il tradimento di Leo e ancor oggi non sposano membri della tribù degli Agni ne permettono che gli araldi diano inizio a un proclama con le parole «Akouete leoi» («Udite o cittadini») per via dell’assonanza tra leoni e il nome Leo. Codesto Leo non va confuso con l’altro Leo, figlio di Orfeo e antenato dei Leontidi Ateniesi. Un giorno, in tempo di peste e carestie, Leo obbedì agli ordini dell’oracolo delfico e sacrificò le sue figliole Teope, Prassitea ed Eubula per salvare la città. Gli Ateniesi innalzarono il Leocorio in loro onore.

Vai a: Teseo a Creta (Mito di Teseo – Parte 4 di 6)

ll mito di Teseo, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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