Le dodici fatiche di Eracle: 3) La cerva di Cerinea; 4) Il cinghiale Erimanzio

Le dodici fatiche di Eracle: 3) La cerva di Cerinea; 4) Il cinghiale Erimanzio

Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Le dodici fatiche di Eracle: 1) Il leone di Nemea; 2) L’idra di Lerna

Terza Fatica di Eracle fu catturare la cerva di Cerinea e condurla viva da Enoe a Micene. Questo agile animale dal mantello maculato aveva zoccoli di bronzo e auree corna, simili a quelle di un cervo, tanto che taluni la considerano un cervo. Era sacra ad Artemide che, ancora fanciulla, vide cinque cerve, di inusitate proporzioni, pascolare sulle rive del fiume tessalico Anauro, ai piedi dei monti Parrasi: il sole scintillava sulle loro corna. Lanciatasi all’inseguimento, la dea ne catturò quattro, l’una dopo l’altra, con le proprie mani, e le aggiogò al suo carro; la quinta fuggì oltre il fiume Celadone fino alla collina di Cerinea. Tale infatti era la volontà di Era, che aveva già in mente la Fatica di Eracle. Secondo un’altra leggenda la cerva era un mostro indomabile che saccheggiava i raccolti, ed Eracle, dopo fiera lotta, la sacrificò ad Artemide sul monte Artemisio. Eracle, che non voleva né uccidere né ferire la cerva, portò a termine questa fatica senza ricorrere alla forza. Instancabile, egli la inseguì per un anno intero, spingendosi sino in Istria e nella terra degli Iperborei. Quando, esausta, la cerva si rifugiò infine sul monte Artemisio, e di lì scese al fiume Ladone, Eracle tese l’arco e scoccò una freccia che trafisse le gambe anteriori dell’animale, passando tra l’osso e i tendini, senza fare sgorgare sangue. Poi, gettatasi la cerva sulle spalle, si affrettò verso Micene attraversando l’Arcadia. Altri tuttavia dicono che egli si servì di reti; oppure seguì le tracce dell’animale finché lo trovò addormentato rotto un albero. Artemide andò incontro a Eracle e lo rimproverò aspramente perché aveva maltrattato la cerva a lei sacra; ma Eracle si difese dicendo di esservi stato costretto e fece ricadere la colpa su Euristeo. La collera della dea allora si placò, ed essa permise all’eroe di portare l’animale vivo sino a Micene. Secondo un’altra versione quella cerva era stata consacrata ad Artemide dalla Pleiade Taigeta, sorella di Alcione, grata per aver potuto assumere temporaneamente le sembianze di cerbiatta, sfuggendo così all’amplesso di Zeus. Ciò nonostante Zeus non si lasciò trarre in inganno una seconda volta e generò in lei Lacedemone. Allora essa si impiccò sulla cima del monte Amicleo, che da quel giorno fu chiamato Taigeto. La nipote e omonima di Taigeta sposò Lacedemone ed ebbe da lui un figlio, Imero; Afrodite indusse Imero a deflorare la propria sorella Cleodice, senza che egli se ne rendesse conto, in una notturna orgia promiscua. Il giorno seguente, accortosi di ciò che aveva fatto, Imero si gettò nel fiume, e nessuno lo vide più. Quel fiume ora viene a volte chiamato Imero, ma più spesso Eurota, perché il predecessore di Lacedemone, il re Eurota, dopo aver subito un’ignominiosa disfatta per mano degli Ateniesi (volle infatti attaccar battaglia senza attendere la luna piena), si annegò nelle sue acque. Eurota, figlio di Milete, l’inventore dei mulini ad acqua, fu padre di Amicla e nonno sia di Giacinto sia di Euridice, che sposò Acrisio.

La quarta Fatica imposta a Eracle fu di catturare vivo il cinghiale Erimanzio: una feroce, enorme belva che infestava le pendici del monte Erimanto, coperte da selve di cipressi, e le boscaglie del monte Lampia, devastando la campagna nei dintorni di Psofide. Il monte Erimanto prende il suo nome dal figlio di Apollo che Afrodite accecò perché l’aveva vista bagnarsi; Apollo per vendicarsi si trasformò in cinghiale e uccise Adone, l’amante della dea. Il monte è tuttavia sacro ad Artemide. Eracle, passando da Folce per recarsi sull’Erimanto, dove uccise un certo Sauro, efferato bandito, fu ospitato dal Centauro Polo, figlio di Sileno e di una Ninfa dei boschi. Folo offrì a Eracle carni arrostite, ma quanto a lui mangiò soltanto carne cruda e non osò aprire la giara di vino che apparteneva a tutti i Centauri finché Eracle non gli ricordò che, quattro generazioni prima, Dioniso aveva lasciato la giara nella grotta appunto perché fosse aperta in quella occasione. Il forte profumo del vino fece perdere la ragione ai Centauri. Armati di grossi massi, abeti sradicati, torce e trincetti, si precipitarono verso la grotta di Folo. Mentre Folo, terrorizzato, cercava scampo. Eracle audacemente respinse Ancio e Angrio, i primi assalitori, con un lancio di carboni infuocati. Nefele, la tempestosa nonna dei Centauri, fece allora cadere dal cielo una violenta pioggia che allentò la corda dell’arco di Eracle e rese scivoloso il terreno. Tuttavia l’eroe si dimostrò all’altezza delle sue imprese precedenti, uccise parecchi Centauri, tra i quali Oreo e Ileo. Gli altri raggiunsero Malea dove si rifugiarono presso Chirone, loro re, che era stato scacciato dal monte Pelio dai Lapiti. Una freccia scoccata dall’arco di Eracle trapassò il braccio di Elato e si conficcò vibrando nel ginocchio di Chirone. Eracle, angosciato, si accovacciò accanto al vecchio amico ed estrasse la freccia, mentre Chirone stesso gli porgeva i farmaci per medicare la ferita; ma a nulla valsero contro il veleno dell’idra e Chirone si ritirò ululando per il dolore sul fondo della grotta; tuttavia non poteva spirare, perché era immortale. Prometeo in seguito propose che egli rinunciasse a tale immortalità per por fine alle sue sofferenze, e Zeus accettò tale richiesta; ma altri dicono che Chirone decise di morire non per il dolore della ferita, ma perché era ormai stanco della sua lunghissima vita. I Centauri allora fuggirono in varie direzioni: alcuni a Folce con Eurizione; alcuni, con Nesso, fino al fiume Eveno; altri in Sicilia, dove le Sirene li sterminarono. Poseidone accolse i superstiti a Eleusi e li nascose su una montagna. Tra i Centauri che in seguito Eracle uccise ci fu Omado l’Arcadico, che aveva tentato di violentare Alcione, sorella di Euristeo; vendicando così nobilmente un oltraggio fatto a un nemico, Eracle si guadagnò fama imperitura. Folo frattanto mentre dava sepoltura ai suoi morti compagni, estrasse da un cadavere una delle frecce di Eracle e la esaminò: «Come mai», si chiese, «un Centauro così robusto può essere perito per una semplice scalfittura?» Ma ecco che la freccia gli sfugge dalle mani e, forandogli un piede, lo uccide all’istante. Eracle allora desistette dall’inseguire il cinghiale e ritornò a Foloe, dove seppellì Polo con straordinari onori ai piedi del monte che prese il suo nome. Fu in quella circostanza che il fiume Anigro acquistò il disgustoso puzzo che ancor oggi emana per tutto il suo corso, dalla sorgente, sul monte Lapito, sino alla foce: perché il Centauro chiamato Pilenore, che Eracle aveva colpito con una freccia, si lavò la ferita nelle sue acque. Alcuni, tuttavia, sostengono che Melampo diede origine a quel puzzo molti anni dopo, quando gettò nell’Anigro i sozzi oggetti che erano stati usati per purificare le figlie di Preto. Sepolto Polo, Eracle riprese la caccia inseguendo il cinghiale lungo le rive dell’Erimanto. Catturare l’animale vivo era impresa di grande difficoltà; ma Eracle lo stanò dal folto di un bosco lanciando alte grida, lo spinse in una forra dove la neve era alta e gli balzò sulla schiena. Legatelo con catene, se lo caricò sulle spalle e partì alla volta di Micene. Ma quando seppe che gli Argonauti stavano radunandoli per iniziare il viaggio verso la Colchide, abbandonò il cinghiale ai margini della piazza del mercato e invece di attendere nuovi ordini da Euristeo, che se ne stava nascosto nella sua urna di bronzo, partì con Ilo per unirsi alla
spedizione. Non si sa chi finì il cinghiale incatenato, ma le sue zanne sono conservate nel tempio di Apollo a Cuma. Secondo un’altra leggenda, Chirone fu accidentalmente ferito da una freccia mentre stava conversando con Eracle sul monte Pelio, in compagnia di Polo e del giovane Achille. A nove giorni dalla sua morte. Zeus pose l’immagine di Chirone nella volta celeste, come costellazione del Centauro. Ma altri ancora sostengono che il Centauro della costellazione è Polo, cui Zeus concesse questo onore perché eccelleva tra tutti nell’arte di trarre profezie dall’esame delle viscere. L’arciere dello Zodiaco è pure un Centauro: un certo Croto, che visse sul monte Elicona e fu il prediletto delle sue sorellastre, le Muse.

Vai a: Le dodici fatiche di Eracle: 5) Le stalle di Augia; 6) Gli uccelli della palude di Stinfalo

ll mito di Eracle, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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