Category Archives: Robert Graves

Recensione a “I miti ebraici” di Robert Graves e Raphael Patai

Recensione a “I miti ebraici” di Robert Graves e Raphael Patai

Un’affascinante analisi di alcuni episodi della Genesi biblica. Robert Graves, lavorando assieme a Raphael Patai, analizza la mitologia ebraica, e lo fa comparando le storie del Genesi (il Giardino dell’Eden, il Diluvio, Adamo ed Eva, i Patriarchi) con la mitologia sumerica sulla quale le storie ebraiche si innestano. Tutti gli episodi raccontati nella Genesi erano pre-eseistenti nella mitologia sumerica, in quella egizia, in quella persiana, nel mondo greco. Si parla naturalmente anche di Lilith, la terza incomoda nel Giardino dell’Eden, la donna che decide di non sottomettersi ad Adamo. Interessanti spunti di riflessione e di allargamento di visuale sulle storie bibliche.

I capitoli trattano di molti aspetti nascosti o solamente accennati nella Bibbia come la conosciamo, saziando la curiosità dei lettori e allargandone la visuale. Un lavoro notevole di inserimento dei racconti biblici nella loro cornice storico-mitologica. Non si tratta naturalmente, come per il volume sulla mitologia greca, di un libro da leggere dall’inizio alla fine, ma piuttosto di uno scritto da consultare di tanto in tanto per approfondire o arricchire l’interpretazione di alcuni episodi.

Graves, Robert e Raphael Patai (1963), I miti ebraici, Longanesi, 2013. 20 euro

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Recensione a “Sette giorni fra mille anni” di Robert Graves

Recensione a “Sette giorni fra mille anni” di Robert Graves

Uno strano ma affascinante romanzo, diverso dagli altri libri di Graves, che ci ha abituato a romanzi storici o pseudo-storici sul lontano passato. Una premessa, il titolo italiano è ingannevole: “Sette giorni fra mille anni” sembra situare il romanzo in un futuro remoto, cosa che il titolo originale in inglese non fa. “Seven Days in New Crete” colloca sì la storia nel futuro, ma non vi è un riferimento preciso al tempo tra il presente del narratore (la prima metà del ventesimo secolo) e il tempo in cui si svolgono gli accadimenti (il futuro ma non così lontano, secondo me).

Il romanzo è ambientato in un futuro costruito a tavolino nel periodo storico della “fine del cristianesimo”, tramite un esperimento scientifico nato sull’isola di Creta dove è stata bandita la tecnologia e da dove la nuova società si è espansa nel corso del tempo a una buona metà del globo terrestre. Il narratore è un poeta del ventesimo secolo, Edward Venn-Thomas che viene “evocato” nel futuro dai alcuni maghi che vogliono porgli delle domande sul passato, e viene evocato dietro ispirazione diretta della Dea che presiede la casta dei maghi. La società futura si basa su cinque caste: i capitani, gli archivisti, il popolo, i servi e i maghi-poeti. Vi è anche all’interno del capitolo 4 “Le origini di Nuova Creta” un’interessante racconto di come la civiltà capitalistica e cristiana si sia evoluta nella civiltà neocretese. Molto interessante! I limiti del capitalismo e della scienza che spazza via la spiritualità sono molto attuali e intriganti.

La nuova società, i suoi usi e costumi, sono ispirati dalla Dea, da una religione e struttura sociale basta sul matriarcato e sul tempo lunare. La scienza è stata bandita a favore della magia, che i maghi poeti esercitano per appianare le divergenze e i problemi che si presentano nella vita quotidiana. Interessante anche la descrizione del passaggio di consegne tra il Re Consorte e il Suo Successore, che avviene due volte all’anno ed è presieduto dalla Dea-Regina in persona.

All’inizio Nuova Creta sembra un posto e una società idilliaca, ma presto comincia a mostrare i segni di un auto-soddisfacimento pericoloso, che la Dea vuole combattere e per farlo utilizza la presenza del Poeta che viene dal passato e che instillerà nelle cinque caste il seme del dubbio e della capacità di mutare le cose: il restare uguali a se stessi è visto come una potenziale arma di distruzione e di decadenza. La nuova fase storica del (diciamolo!) invidiabile futuro si prepara sotto la guida della Dea…

Un libro in cui Graves parla di se stesso, degli amori della sua vita (descritti nei quattro personaggi femminili di Antonia, Zaffiro, Erica e Sally) e del suo ruolo di poeta.

Interessante anche la postfazione di Silvia Ronchey, che descrive lo scopo dei romanzi utopici del ventesimo secolo (“Il Mondo Nuovo” di Huxley, “1984” di Orwell e, appunto, questo romanzo di Graves) e traccia interessanti ipotesi di lettura. Un libro che si legge in un pomeriggio e che lascia una bella atmosfera nella mente e nel cuore, oltre che una nota di speranza leggera per il futuro che ci aspetta.

Robert Graves (1949), Sette giorni fra mille anni, Edizioni nottetempo, 2015. 20 Euro.

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Recensione a “La Figlia di Omero” di Robert Graves

Recensione a “La Figlia di Omero” di Robert Graves

Ne La figlia di Omero Graves parte dalla interessante idea (ripresa da Samuel Butler) che l’Odissea sia stata scritta da Nausicaa figlia del re degli Elimi. Graves ha composto questo libro nel 1955 dopo aver sposato la teoria di Butler che a scrivere l’Odissea sia stata in realtà una donna vissuta nella Sicilia dell’ottavo secolo avanti Cristo. Butler situa lo scenario dell’Odissea proprio in Sicilia, e avanza l’idea che la storia sia stata scritta circa 150 anni dopo che Omero ha composto l’Iliade. Una storia scritta da una donna e pensata per le donne, proprio come l’Iliade è un libro di uomini scritto da un uomo per altri uomini. La principessa Nausicaa è figlia del re Alcino e della Regina Arete e vive nel regno del padre nella Sicilia occidentale, vicino ad Erice. Suo fratello scompare dopo un litigio con la moglie, e il padre parte alla sua ricerca. Nausicaa rimane quindi sola a difendere il regno dal selvaggio gruppo di pretendenti che cercano di conquistare la sua mano e il suo regno. Le avventure e disavventure attraverso le quali deve passare Nausicaa sono chiaramente correlate con quanto Ulisse dovrà vivere nell’Odissea e i parallelismi sono molto divertenti e ben congegnati. Non li svelo per lascarvi il piacere della lettura. Forse un consiglio è di rileggere prima l’Odissea per potersi gustare tutti i rimandi e i divertissment dell’Autore.

Graves, Robert. La Figlia di Omero. 1955. Milano: Guanda, 1992.  350 pagine, 16 Euro, fuori catalogo, dovete trovarlo su una bancarella di libri usati.

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Chi è Robert Graves

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Qua nel MitoBlog abbiamo recensito alcuni libri scritti da Robert Graves. Ecco qualche notizia bio-bibliografica su questo prolifico scrittore inglese. La sua versione de “I Miti Greci” è l’edizione che le Muse utilizzano per preparare le storie che raccontano e con le quali lavoriamo nelle scuole. Potete cliccare sui titoli recensiti per andare alla nostra recensione. In basso anche il link a una breve descrizione della poetica di Robert Graves.

Robert Graves nacque a Londra nel 1895, figlio del poeta irlandese Alfred Percival Graves e di madre tedesca, nipote del famoso storico tedesco Leopold von Ranke. Dopo gli studi compiuti a Oxford, combatté in Francia durante la prima guerra mondiale; esperienza, questa, rievocata nelle prime raccolte di versi: Over the Brazier (1916) e Fairies and Fusiliers (1917). Finita la guerra, insegnò letteratura inglese a Oxford e, per breve tempo, in Egitto. Nel 1927 si trasferì a Maiorca, dove, salvo una breve parentesi, rimase sino alla morte nel 1985.

Scrittore molto prolifico e sostanzialmente estraneo ai movimenti letterari che caratterizzarono la cultura inglese del Novecento, pubblicò una quindicina di raccolte poetiche, numerosi romanzi e una mole notevole di saggi. La sua fama è legata soprattutto a importanti studi sulla mitologia: La dea bianca (1948), I miti greci (1955) e, in collaborazione con R. Patai, I miti ebraici (1963); e a una serie di romanzi storici dedicati alla classicità: Io, Claudio (1934), Il divo Claudio (1934), Belisario (1938), Il vello d’oro (1944), Io, Gesù (1946), Sette giorni fra mille anni (1949) e La figlia di Omero (1955).

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Poetica di Robert Graves

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Robert Graves ha approfondito, su temi di natura poetica, lo studio antropologico di James Frazer nel suo Il ramo d’oro. La teoria fondamentale è che sia esistito un continuum cultuale in tutti i popoli indoeuropei, le cui tracce si possono individuare dai Veda, alla Bibbia, ai miti gaelici.

La religione primitiva, secondo Graves, è legata essenzialmente all’agricoltura, e venera la Dea Madre Terra come divinità superiore. Da un iniziale “monoteismo”, sono poi scaturite le diverse divinità, secondo i tempi, i luoghi, le etnie, le guerre. Così ogni aspetto della Dea si è di volta in volta personificato, con nomi diversi, rimanendo facilmente individuabile nelle diverse culture. Graves, riprendendo Frazer, ipotizza che la ritualità nasca dalla necessità dell’uomo di essere padrone del ciclo della terra, così da non lasciarsi soggiogare dalla crudeltà della natura. Poiché le scelte su come, dove, quando e cosa coltivare erano in mano alle sacerdotesse della Dea, e non ai contadini, esse venivano conservate e tramandate per mezzo di cerimonie sacre segrete, i cosiddetti misteri.

La ricerca di Graves parte dallo studio dell’alfabeto irlandese. Valutando una nutrita vastità di dati e seguendo un personalissimo, e controverso, filo logico, Graves individua in realtà, nella successione alfabetica delle lettere, un indovinello che, ricomposto secondo l’ordine dei mesi dell’anno liturgico, nasconde il nome ineffabile di Dio, il Tetragrammon, o meglio le sue vocali che tutti cercano. Lo studio è descritto nei particolari ne La Dea Bianca.

Le invasioni di popoli pastori-guerrieri provenienti dall’est hanno pian piano usurpato la religione dei contadini e imposto i propri dèi maschili: i miti che raccontano stupri da parte di divinità maschili (basti ricordare Zeus) sarebbero il retaggio mitologico di tali eventi antropici. Come accade spesso nelle migrazioni, però, è la cultura invasa a essere quella più forte, che comunque sopravvive e ingloba la cultura sopravveniente. Si impongono quindi i nomi dei nuovi dèi del pantheon degli invasori, ma la struttura cultuale rimane quella preesistente. Fino a quando il dio maschile del Tetragrammon, il Dio degli Eserciti (Sabaoth) non ne esce vittorioso.

JHWH è un dio maschile, che ha spezzato la ciclicità della storia imposta dalla Dea: un tempo, per rendere fertili i campi, il compagno della Dea veniva sacrificato ogni anno per un novello sposo, come raccontano numerosi miti in altrettante numerose varianti. JHWH, quindi, si impone come unico e onnipotente Dio: un dio geloso, sottolinea la Bibbia. Graves, in particolare, individua nel profeta ebreo Ezechiele il fautore principale di questa rivoluzione religiosa, che non si limita al solo popolo ebraico, ma si diffonde, sempre seguendo la linea temporale delle migrazioni, fino all’occidente celtico.

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Cenni bibliografici e lista di recensioni fatte da La Voce delle Muse di libri di Robert Graves.