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Il mito di Eracle (Parte 8 di 11): i figli di Ippocoonte e la storia di Auge

Il mito di Eracle (Parte 8 di 11): i figli di Ippocoonte e la storia di Auge

Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Il mito di Eracle (Parte 7 di 11): la conquista di Pilo

Eracle decise di attaccare Sparta e di punire i figli di Ippocoonte: non soltanto essi si erano rifiutati di purificarlo dopo la morte di Ifito, schierandosi contro di lui agli ordini di Neleo, ma avevano altresì assassinato il suo amico Eono. Accadde infatti che mentre Eono, figlio di Licinnio, che aveva accompagnato Eracle a Sparta, passeggiava per la città nei pressi del palazzo di Ippocoonte, un enorme cane molosso lo assalì: per difendersi, Eono lanciò un sasso che colpì il cane al muso. I figli di Ippocoonte balzarono allora fuori dal palazzo e percossero Eono con bastoni nodosi. Eracle accorse in aiuto di Eono dall’altro capo della strada, ma giunse troppo tardi. Eono era ormai morente ed Eracle, ferito alla coscia e al palmo della mano, si rifugiò nel santuario di Demetra Eleusina presso il monte Taigeto, dove Asclepio gli offrì un nascondiglio e sanò le sue ferite. Riunito un piccolo esercito. Eracle raggiunse Tegea in Arcadia e colà pregò Cefeo, figlio di Aleo, di unirsi a lui con i suoi venti figli. Dapprima Cefeo rifiutò: non si azzardava infatti a lasciare Tegea senza-difesa. Ma Eracle, cui Atena aveva donato una ciocca dei capelli della Gorgone in un’urna di bronzo, la offrì alla figlia di Cefeo, Erope: se la città fosse stata attaccata, le disse, essa doveva esporre per tre volte sulle mura quella ciocca, voltando le spalle al nemico che subito si sarebbe dato alla fuga. Gli eventi dimostrarono, tuttavia, che Erope non aveva bisogno di quel talismano. Così Cefeo si unì alla spedizione contro Sparta nel corso della quale, per mala sorte, egli perì con diciassette dei suoi figli. Taluni dicono che anche Ificle fu ucciso, ma più probabilmente si trattava dell’Argonauta etolo dello stesso nome, e non del figlio di Anfitrione. L’esercito di Eracle subì altre perdite, mentre tra gli Spartani caddero Ippocoonte e i suoi dodici figli, con numerosi altri uomini di alto rango; e la loro città fu conquistata d’assalto. Eracle allora rimise sul trono Tindareo, a patto che il regno passasse poi ai propri discendenti. Dal momento che Era, inesplicabilmente, non aveva insidiato Eracle nel corso di quella campagna, egli le edificò un tempio a Sparta e le sacrificò capre, perché non disponeva di altre vittime. Ecco perché gli Spartani sono gli unici Greci che hanno dato ad Era l’appellativo di «mangiatrice di capre» e le offrono quegli animali in sacrificio. Eracle innalzò inoltre un tempio ad Atena dai Giusti Meriti e, lungo la strada di Terapne, un tempio ad Asclepio Cotileo che ricorda la ferita ricevuta nel palmo della mano. A Tegea, un santuario detto «il comune focolare degli Arcadi» è famoso per la statua di Eracle con una ferita alla coscia.

Aleo, re di Tegea, figlio di Afidante, sposò Neera, una figlia di Pereo, che gli generò Auge, Cefeo, Licurgo e Afidamante. Un tempio di Atena Alea, fondato a Tegea da Aleo, contiene ancora il sacro giaciglio della dea. Quando, nel corso di una visita a Delfi, Aleo fu avvertito dall’oracolo che i due fratelli di Neera sarebbero morti per mano del figlio di sua figlia, egli si precipitò a casa e nominò Auge sacerdotessa di Atena, minacciando di ucciderla se non si fosse mantenuta casta. Non si sa con certezza se Eracle giunse a Tegea mentre si preparava ad affrontare re Augia, oppure al suo ritorno da Sparta; comunque Aleo lo accolse con cordialità ospitale nel tempio di Atena. Colà riscaldato dal vino. Eracle violò la vergine sacerdotessa presso una fontana che ancora si mostra a settentrione del tempio; ma dato che Auge non lanciò nemmeno un grido, molti suppongono che essa si recò laggiù di propria volontà. Eracle continuò per la sua strada e a Stinfalo generò Eurete in Partenope, la figlia di Stinfalo. Frattanto pestilenza e carestia si abbatterono su Tegea e Aleo, informato dalla Pizia che un sacrilegio era stato commesso nel recinto del tempio di Atena, vi si recò e trovò Auge in stato di avanzata gravidanza. Benché essa piangendo gli assicurasse che Eracle l’aveva presa di forza e ubriaco, Aleo non volle crederle. La trascinò sulla piazza di Tegea, ed essa cadde in ginocchio là dove oggi sorge il tempio di Ilizia, famoso per il suo dipinto di «Auge in ginocchio». Non osando uccidere sua figlia in pubblico, Aleo incaricò re Nauplio di affogarla. Nauplio, seguendo le istruzioni ricevute, partì con Auge per Nauplia: ma sul monte Partenio Auge fu colta dalle doglie e ricorse a una scusa per appartarsi nel bosco. Colà diede alla luce un bimbo e, celatelo in un cespuglio, ritornò da Nauplio che l’aveva pazientemente attesa ai margini della strada. Egli, tuttavia, non aveva l’intenzione di affogare una principessa che poteva vendere per altissimo prezzo al mercato degli schiavi; cedette dunque Auge a certi mercanti cari che erano da poco giunti a Nauplia e che, a loro volta, la vendettero a Teutrante, re di Teutrania in Misia. II figlio di Auge fu allattato da una cerva sul monte Partenio (dove è ora un recinto a lui sacro); alcuni mandriani lo rinvennero, lo chiamarono Telefo e lo portarono al loro padrone, re Corito. Nello stesso periodo, per curiosa coincidenza, i pastori di Corito scoprirono, esposto sulla medesima collina, il figlio neonato di Atalanta, che essa aveva avuto da Meleagro; lo chiamarono Partenopeo, che significa «figlio di una vergine violata», perché Atalanta pretendeva d’essere ancora vergine. Quando Telefo raggiunse l’età virile, si recò dall’oracolo delfico per avere notizie dei suoi genitori. Gli fu detto: «Salpa e cerca di re Teutrante in Misia». In Misia infatti egli trovò Auge, ora sposata a Teutrante, e da lei seppe che essa era sua madre ed Eracle suo padre: non gli fu difficile crederlo, poiché nessuna donna aveva mai generato a Eracle un figlio che gli somigliasse. Teutrante allora diede in isposa a Telefo sua figlia Argiope, e lo dichiarò erede al trono. Altri dicono che Telefo, dopo aver ucciso Ippotoo e Nereo, suoi zii materni, si recò in Misia alla ricerca di sua madre, rispettando un completo silenzio. «II silenzio di Telefo» divenne proverbiale; ma Partenopeo lo accompagnava per parlare in vece sua.

Accadde che il famoso Argonauta Ida, figlio di Afareo, stava per impadronirsi del trono di Misia e Teutrante, disperato, promise di abdicare in favore di Telefo e di dargli in isposa la sua figlia adottiva, se Ida fosse stato scacciato. Al che Telefo, con l’aiuto di Partenopeo, sconfisse Ida in duello. Ora la figlia adottiva di Teutrante era Auge, che non riconobbe Telefo, né egli sapeva che essa era sua madre. Fedele alla memoria di Eracle, Auge, la notte delle nozze, si portò una spada nella camera da letto e avrebbe ucciso Telefo al suo ingresso se gli dei non avessero fatto strisciare fra loro un grande serpente. Auge, sgomenta, gettò via la spada e confessò le sue intenzioni omicide. Innalzò poi una supplica e Eracle e Telefo cominciò a gridare, ispirato: «O madre, o madre!» Poi caddero piangendo l’uno nelle braccia
dell’altra e il giorno seguente ritornarono alla loro città natale accompagnati dalla benedizione di Eutrante. La tomba di Auge ancora si mostra a Pergamo presso il fiume Caico. Gli abitanti di Pergamo sostengono di essere emigranti arcadi che giunsero in Asia con Telefo e gli offrono sacrifici eroici.8
g)Altri dicono che Telefo sposò Astioca, o Laodice, figlia del Troiano Priamo. Altri ancora, che Eracle si era giaciuto con Auge a Troia vi si recò per farsi consegnare gli immortali cavalli di Laomedonte. Altri ancora, che Aleo chiuse Auge e il suo infante in un cofano che affidò alle onde del mare; tale cofano poi, sotto la solerte guida di Atena, raggiunse le coste dell’Asia Minore alle foci del fiume Caico, dove re Teutrante sposò Auge e adottò Telefo. Codesto Teutrante, mentre cacciava sul monte Teutrante, inseguì un giorno un gigantesco cinghiale che si rifugiò nel tempio di Artemide Ortosia. Teutrante era sul punto di forzare l’ingresso allorché il cinghiale gridò: «Risparmiami o mio signore, io sono il beniamino della dea!» Teutrante non gli badò nemmeno e lo uccise, offendendo così Artemide in modo tale che essa ridonò la vita al cinghiale, punì Teutrante con il tormento della lebbra e lo costrinse a vagare tra valli solitarie. Sua madre Leucippe, tuttavia, si inoltrò in gran fretta nella foresta portando con sé il veggente Poliido, e placò Artemide con cospicui sacrifici. Teutrante fu curato e guarito della lebbra con le pietre antipate, che ancora si trovano in grande quantità sul monte Teutrante; Leucippe allora innalzò un altare ad Artemide Ortosia e fece costruire un cinghiale meccanico tutto d’oro con la testa d’uomo, che si rifugia nel tempio quando è inseguito e grida: «Risparmiami!» Eracle, trovandosi in Arcadia, si recò sul monte 0stracina dove sedusse Pialo, una figlia dell’eroe Alcimedonte. Quando Pialo partorì un figlio chiamato Ecmagora, Alcimedonte li scacciò ambedue e volle che morissero di fame sulla montagna. Ecmagora piangeva da spezzare il cuore e una misericordiosa gazza volò alla ricerca di Eracle, imitando i gemiti; guidò così l’eroe fino all’albero dove Fialo sedeva, legata e imbavagliata dal padre crudele. Eracle salvò la madre e il bambino, che crebbe uomo robusto. La fonte che sgorga in quel luogo chiamata Cissa, in ricordo della gazza.

Vai a: Il mito di Eracle (Parte 9 di 11): Deianira

ll mito di Eracle, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Il mito di Eracle (Parte 7 di 11): la conquista di Pilo

Il mito di Eracle (Parte 7 di 11): la conquista di Pilo

Il racconto del mito di Eracle è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 15: Eracle – L’eroe più popolare

Prima di questo post, se non l’hai ancora letto, leggi: Il mito di Eracle (Parte 6 di 11): la conquista dell’Elide

Eracle in seguito mise a sacco e a fuoco la città di Pilo perché i Pili avevano prestato aiuto agli Elei. Uccise tutti i figli di Neleo, eccetto il più giovane che era lontano, in Germania, ma Neleo stesso riuscì a scampare. Atena, che sempre si schiera dalla parte della giustizia, combatté per Eracle; e Pilo fu difesa da Era, Poseidone, Ade e Ares. Mentre Atena impegnava Ares, Eracle affrontò Poseidone, clava contro tridente, e lo costrinse a cedere. Poi subito corse in aiuto di Atena con la lancia in pugno, e al terzo assalto trapassò lo scudo di Ares, stendendo il dio al suolo; infine, con un colpo potente vibrato alla coscia, affondò il ferro nella carne di Ares. Ares dolorante si rifugiò sull’Olimpo dove Apollo versò unguenti sulla ferita che si
rimarginò in un’ora; tosto Ares si gettò di nuovo nella mischia, finché una freccia di Eracle non lo colpì alla spalla, Frattanto, Eracle aveva ferito anche Era alla mammella destra con un’altra freccia. II figlio maggiore di Neleo, Periclimeno l’Argonauta, ebbe da Poseidone il dono di una forza senza limiti e la facoltà di assumere qualsiasi forma gli piacesse: uccello, belva o albero. In quella circostanza egli si trasformò dapprima in leone, poi in serpente e infine, per sfuggire all’attenzione, si appollaiò sul giogo dei cavalli di Eracle sotto forma di formica o mosca o ape. Eracle, a una gomitata di Atena, riconobbe Periclimeno e agguantò la clava, ma subito Periclimeno si trasformò in aquila e tentò di accecarlo a colpi di becco. Una freccia scoccata dall’arco di Eracle lo colpì sotto l’ala: cadde a terra e la freccia gli penetrò nella gola uccidendolo. Altri tuttavia dicono che Periclimeno riuscì a volare via sano e salvo; e che Eracle aveva attaccato Poseidone in un’altra circostanza, dopo l’assassinio di Ifito, quando Neleo rifiutò di purificarlo. E che il combattimento con Ade si verificò nell’altra Pilo, in Elide, quando Eracle fu sfidato dal dio perché si era portato via Cerbero senza permesso.

Eracle affidò la città di Messene a Nestore, poiché ricordava che Nestore non aveva tentato di derubarlo del bestiame di Gerione; e ben presto lo amò più di Ila e di Iolao. Fu Nestore che per il primo giurò per Eracle. Gli Elei, benché avessero contribuito alla riedificazione di Pilo, approfittarono della debolezza dei suoi abitanti e li vessarono in molti modi. Neleo riuscì a dominare la propria collera finché un giorno, avendo mandato un suo carro con quattro splendidi cavalli, vincitori di molti premi, a una gara dei Giochi Olimpici, seppe che Augia si era appropriato di carro e cavalli e aveva rimandato l’auriga a Pilo, a piedi. Allora ordinò a Nestore di fare una spedizione punitiva nella pianura elea e Nestore riuscì a razziare cinquanta mandrie di bovini, cinquanta greggi di pecore, cinquanta greggi di capre, cinquanta branchi di maiali e centocinquanta cavalle baie, molte di esse con puledri, respingendo gli Elei che tentavano di opporglisi e bagnando per la prima volta la sua lancia nel sangue. Gli araldi di Neleo convocarono allora in Pilo tutti coloro che avevano crediti con gli Elei e dopo aver diviso tra di loro il bottino, trattenendo però per Nestore la parte del leone, Neleo sacrificò generosamente agli dei. Tre giorni dopo gli Elei avanzarono su Pilo in pieno assetto di guerra (tra loro vi erano i due figli orfani di Molioni, che ne avevano ereditato il titolo) e attraversarono la pianura a Triessa. Ma Atena scese dall’Olimpo nottetempo e mise in allarme la gente di Pilo; quando i due eserciti vennero a battaglia, Nestore, che era appiedato, abbatté con un colpo di lancia Amarinceo, il generale degli Elei; poi, impadronitesi del suo cocchio, piombò come nera nube di tempesta sulle schiere dei nemici, conquistando cinquanta altri cocchi e uccidendo cento uomini. Anche i Molioni sarebbero caduti sotto i colpi della sua infaticabile lancia, se Posidone non li avesse avvolti in una nebbia impenetrabile soffiandoli via lontano. Gli Elei, incalzati dall’esercito di Nestore, fuggirono sino alla rocca Olenia, dove Atena impose loro di fermarsi. Si giunse così a una tregua; Amarinceo fu sepolto a Buprasio e onorato con agoni funebri cui concorsero numerosi abitanti di Pilo. I Molioni vinsero la corsa dei cocchi stringendo Nestore alla curva, ma si dice che Nestore stesso vinse tutte le altre gare: il pugilato e la lotta, la corsa a piedi e il lancio del giavellotto. Dobbiamo aggiungere che in seguito, giunto ormai alla vecchiaia, Nestore assistette come spettatore a questi giochi; poiché per la grazia di Apollo, che gli concesse tutti gli anni negati agli zii materni, egli visse per tre secoli e nessuno dei suoi coetanei era ancora al mondo per mettere in dubbio la sua età.

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ll mito di Eracle, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

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