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Hunger Games, la vergine cacciatrice

Hunger Games, la vergine cacciatrice
Katniss

Katniss

Su pressante richiesta di una ragazzona bionda con i rasta (mia figlia) ho letto il primo volume di Hunger Games, il fortunato romanzo di Suzanne Collins. Vi confesso… ho iniziato un po’ di controvoglia, ma appena cominciata la lettura, sono stato assorbito dal ritmo accattivante della narrazione e dalla ricchezza del substrato simbolico che traspare dal racconto. La storia è abbastanza semplice: a seguito di una catastrofe ecologica (appena menzionata in un paio di frasi) il mondo è sprofondato in un medioevo prossimo venturo. Nel continente nordamericano vi è una ricca capitale, Capitol City, e 12 distretti poverissimi e sottomessi alla capitale che 75 anni prima si sono ribellati al potere centrale. Per punire i distretti la Capitale li obbliga ogni anno a spedire due ragazzi (un maschio e una femmina tra i 12 e i 20 anni) per partecipare a un reality show in cui i 24 ragazzi si affrontano fino alla morte. L’unico che rimane vivo alla fine, vince e viene ricoperto di gloria e denaro. Il reality è una sorta di controllo sociale e politico sui distretti, ai quali viene ricordato costantemente che ribellarsi al potere centrale è un peccato mortale. Il libro è la storia di una di questi “tributi” (il nome che viene dato alle 24 vittime del gioco), Katniss, una ragazza del distretto 12 (dove si estrae il carbone dalla miniere) che caccia di frodo nei boschi appena al di fuori della recinzione che delimita il territorio del distretto. Katniss è quindi una bravissima arciera, cosa che la aiuterà nel suo tentativo di sopravvivenza…

Ora, naturalmente non vi svelerò la trama se non la conoscete… 🙂 ma volevo tracciare qualche collegamento tra il romanzo e gli aspetti mitologici che contiene. Il primo che balza all’occhio è quello dei tributi umani per espiare le colpa di una comunità nei confronti di un’altra, che ricorda il mito di Teseo e il Minotauro. Anche lì Atene deve pagare un tributo di sette ragazzi e sette ragazze (ogni nove anni) a Creta, e queste giovani vite vengono date in pasto al Minotauro, che sta al centro dell’impero cretese, nascosto nel labirinto sotto al Palazzo di Cnosso. Teseo e Katniss si offrono entrambi volontari per partire. In Hunger Games il labirinto è l’arena dove si svolge il reality show: luogo sterminato e pieno di boschi, fiumi, laghi e pericoli naturali e orchestrati dagli strateghi del “gioco” e nel quale si entra per non uscire più. Il filo d’Arianna esiste? Sì, c’è pure quello in Hunger Games, ma non ve lo svelo per non rovinarvi la sorpresa… c’è, e come nel mito, si basa sui sentimenti  che i due tributi del distretto 12 (Katniss e Peeta) hanno una per l’altro.

Il Teseo di Hunger Games non è un uomo ma una ragazza, Katniss, appunto. E lei ricorda un altro personaggio mitologico: la vergine guerriera, Atalanta la cacciatrice o la sua dea di riferimento che è Artemide, la dea della caccia. Katniss si sente veramente viva solo nel suo regno, il bosco, quando può cacciare e prendersi cura della sua famiglia. E quando, in definitiva, si sente libera e in armonia con la natura (cosa che cercherà di fare anche nell’arena). Vergine in quanto “pura”, che ha deciso di vivere separata dal mondo maschile, anche se il suo cammino si incrocia spesso con quello maschile: molti cacciatori sono uomini. Katniss, come Atalanta, vive il rapporto con il maschile in modo conflittuale, se si sposa va incontro a guai (Atalanta ha un oracolo che le sconsiglia di convolare a nozze, Katniss sa che i suoi eventuali figli sarebbero futuri possibili concorrenti di una nuova edizione dei giochi mortali). Nei due link che trovate sopra potete scoprire molti altri punti in comune tra la protagonista del libro e gli archetipi che l’hanno ispirata. E, mi auguro, scoprirete come è affascinante tracciarli e arricchire la nostra visione del mito, del romanzo, della nostra esperienza di lettura.

Un ultimo pensiero: Capitol City con la sua ricchezza e frivolezza, con i suoi capelli e carnagioni azzurrine, con i facili entusiasmi per scenari raccapriccianti e fatui, siamo ovviamente noi, il ricco mondo occidentale. E i Distretti poveri, che lavorano e muoiono per garantire il superfluo a chi ha già tutto, chi sono? Chi, nella nostra società è parte integrante di essa ma non gode dei frutti del proprio lavoro e sopravvive a stento e si sacrifica per il padrone? A voi la ricerca di una risposta, io non l’ho ancora trovata. Quello che mi è chiaro, e lo dico seduto alla mia bella scrivania e con un bel caffè caldo davanti, è che l’umanità che traspare dai miserabili che vivono schiavizzati nei distretti, la vita che conducono, seppur sempre a un passo dalla morte, è preferibile a quella senza senso dei decadenti, vacui abitanti di Capitol City.

Una lettura interessante. Del primo volume è già uscito qualche tempo fa la versione cinematografica. Ora torno alla lettura del secondo volume! In attesa del film in uscita tra poche settimane.

Qui il trailer del primo film

Andreas

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Atalanta la Cacciatrice

Atalanta la Cacciatrice
Atalanta e Peleo si contendono la pelle e il trofeo del cinghiale calidonio

Atalanta e Peleo si contendono la pelle e il trofeo del cinghiale calidonio

Il testo che segue è tratto da Andreas Barella, Adolescenza il Giardino Nascosto, Casa editrice Ericlea, 2010.  

“Cominciamo dalla storia, adattata dalla versione raccolta da Robert Graves. Le storie utilizzate per il lavoro pratico sono qui riportate al tempo verbale al presente in quanto così vengono narrate e percepite durante la messa in scena.

Atalanta dai piè veloci è l’unica figlia di Iaso e di Climene. Iaso desiderava un erede maschio, e alla nascita di Atalanta rimane tanto deluso che abbandona la bimba sulla collina Partenia presso Calidone. Artemide la salva mandandole un’Orsa che la allatta. Più grande, Atalanta cresce in un gruppo di pastori che l’hanno trovata e allevata, rimane vergine e porta sempre arco e frecce con sé. Un giorno giunge assetata a Cifanta e, colpita una roccia con la punta della lancia, ne fa scaturire una sorgente.

Un enorme cinghiale mandato da Artemide per punire il re Eneo che si è dimenticato di celebrarla negli annuali sacrifici agli dèi, uccide il bestiame del re, ne dilania i servi e distrugge i raccolti. Il re invia gli araldi in tutta la Grecia per costituire un gruppo di cacciatori che possa fronteggiare la belva. Chiunque l’avesse uccisa, se ne sarebbe assicurato la pelle e le zanne, fonte di grande onore per ogni cacciatore. Molti eroi rispondono, e tra questi anche Atalanta si presenta all’appello. Alcuni uomini non vogliono cacciare in compagnia di una donna, ma Meleagro, il figlio del re Eneo, ne convince alcuni con le buone e alcuni minacciando di annullare la battuta di caccia. In verità Meleagro si è perdutamente innamorato di Atalanta e cerca di ingraziarsela. Atalanta è armata d’arco e di frecce, gli altri di spiedi, di giavellotti e di asce. Ognuno è così smanioso di assicurarsi la pelle della belva che la battuta minaccia di svolgersi in modo disordinato. Su consiglio di Meleagro i cacciatori avanzano in formazione di mezzaluna, a qualche passo di distanza l’uno dall’altro, nella foresta dove il cinghiale ha la sua tana.

Il primo sangue versato non è quello della bestia. Atalanta ha preso posizione all’estrema destra, a una certa distanza dai compagni, e due centauri, Ileo e Reco, che si sono uniti alla caccia, tentano di usarle violenza. Ma non appena si precipitano su di lei, Atalanta li trafigge con le sue frecce e va a combattere al fianco di Meleagro.

Il cinghiale è infine snidato nei pressi di un corso d’acqua fiancheggiato da salici. L’animale balza fuori dal folto, uccide due cacciatori e ne ferisce un altro recidendogli i tendini del garretto, mentre il giovane Nestore, che molto tempo dopo avrebbe combattuto a Troia, trova scampo su un albero. Giasone e alcuni altri scagliano i giavellotti mancando il bersaglio, e il solo Ificle riesce a scalfire una spalla dell’animale. Poi Telamone e Peleo avanzano coraggiosamente con gli spiedi in mano, ma Telamone inciampa in una radice di un albero e, mentre Peleo lo aiuta a rialzarsi, il cinghiale li carica. Atalanta scocca appena in tempo una freccia che colpisce il cinghiale all’orecchio e lo mette in fuga. Anceo grida sprezzante: “Questo non è il modo di cacciare! Guardate me!” Scaglia la sua ascia contro il cinghiale che sta tornando alla carica, ma non è abbastanza svelto: un istante dopo giace a terra castrato e sventrato. Nella sua eccitazione Peleo uccide Eurizione con un giavellotto che avrebbe dovuto colpire il cinghiale, mentre Anfiarao riesce ad accecare la belva con una freccia. Teseo, che ha lanciato un giavellotto a vuoto, sta per essere a sua volta travolto, allorché Meleagro conficca il giavellotto nel ventre del cinghiale e, mentre l’animale gira su se stesso nel tentativo di liberarsi dall’arma, lo trafigge con un colpo di lancia che gli giunge al cuore. Il cinghiale finalmente si abbatte morto al suolo. Subito Meleagro lo scuoia e ne offre la pelle ad Atalanta dicendo: “Tu hai versato il primo sangue; se non ci fossimo accaniti tutti quanti attorno a questa bestia, l’avresti finita con le tue frecce”.

Gli zii di Meleagro sono molto offesi. Il maggiore, Plessippo, protesta dicendo che Meleagro merita la pelle per sé e che, se la rifiuta, bisogna assegnarla alla persona più autorevole fra i presenti, cioè a lui stesso, come cognato di Eneo. Suo fratello minore lo appoggia e sostiene che Ificle e non Atalanta ha versato il primo sangue. Meleagro, infuriato per amore, li uccide entrambi.

Esultante per il successo della figlia Atalanta, il padre Iaso la riconosce degna di essere sua figlia. Quando essa torna trionfante a palazzo, le prime parole del padre sono: “Figlia mia, preparati a prendere marito!” Un annuncio poco gradito per Atalanta, cui un oracolo delfico ha consigliato di non sposarsi. Essa risponde: “Padre, io acconsento ma a una condizione. Ogni pretendente alla mia mano dovrà battermi in una gara di corsa, oppure lasciarsi uccidere da me”. “E così sia,” risponde Iaso.

Molti sventurati principi perdono in tal modo la vita, poiché Atalanta è la più veloce dei mortali; ma Melanione un figlio di Anfidamante l’arcade, invoca l’aiuto di Afrodite. Essa gli dona tre mele d’oro e gli dice: “Atalanta indugerà per raccogliere queste mele se le lascerai cadere a una a una durante la corsa”. Lo stratagemma è coronato da successo. Atalanta si ferma per raccogliere le mele e raggiunge il traguardo subito dopo Melanione.

Le nozze hanno luogo, ma l’ammonimento dell’oracolo si rivela giusto perché un giorno, mentre passano davanti al sacro recinto di Zeus, Melanione induce Atalanta a entrarvi e a giacersi con lui. Irritato da questa profanazione, Zeus li trasforma ambedue in leoni: i leoni, infatti, non si accoppiano fra loro ma soltanto con i leopardi, e dunque Atalanta e Melanione non possono più godere l’uno dell’altra.”

Tratto da: Andreas Barella, Adolescenza, il Giardino Nascosto, Ericlea, 2010. Maggiori dettagli sul libro li trovate qua.