Tag Archives: Virgilio

Eneide: le vittime guerriere

Eneide: le vittime guerriere
Eurialo e Niso

Eurialo e Niso

Cosa hanno in comune Eurialo e Niso, Pallante figlio di Evandro, Lauso figlio di Mezenzio, la vergine Camilla e moltissimi altri personaggi minori dell’Eneide? Sono tutti ragazzi, giovanissimi guerrieri (anche Camilla!) che compaiono nella storia per ricordarci il dolore e la tragicità della guerra. Non si tratta più di nomi che appaiono per essere scolpiti sulle lapidi, personaggi fugaci presentati da Virgilio per farli cadere nella polvere e nella morte dopo pochi versi. Sono giovani vite che impariamo a conoscere, a veder sbocciare, ad apprezzare e che poi vediamo cadere e fuggire nell’Ade in mezzo al dolore di madri, padri e compagni. Non vale neppure la pena dire a che esercito appartengono: sono accumunati dal destino di vittime della furia guerresca. E la loro morte porta con sé il destino di intere dinastie: Evandro maledice la sua età e il fatto di essere già troppo vecchio per partecipare alla battaglia, condanna il fatto di aver mandato il figlio al suo posto. Mezenzio addirittura va a farsi uccidere volontariamente da Enea per non dover sopportare il dolore di sopravvivere al figlio. Questo atto lo trasforma ai nostri occhi: da infame re pieno di boria a padre disperato e pienamente umano. La follia della guerra non è mai così chiara come nel racconto di queste tragedie. Cortei funebri, tregue per seppellire i morti dall’una e dall’altra parte, pianti e grida di padri e di madri. I libri dell’Eneide che narrano di guerra sono sei, dal settimo al dodicesimo, l’esatta metà del poema. Alla fine, quando Enea conclude gli scontri uccidendo Turno, non si può che rimanere commossi da una parte e sconsolati dall’altra chiedendosi come si possa ancora credere che la guerra porti qualcosa di buono a un popolo. Personalmente dopo sei canti di macelleria umana ero nauseato…

Andreas Barella

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Eneide: Turno il re guerriero

Eneide: Turno il re guerriero
Enea uccide Turno

Enea uccide Turno

Il pio Enea sbarca finalmente alla foce del Tevere, dove i fati gli hanno comunicato che si compirà il suo destino, dove getterà le fondamenta di un nuovo grande impero, dove seminerà il seme troiano che germoglierà nell’impero romano. Ma il Lazio non è disabitato, è popolato da parecchi popoli tra cui è abbastanza difficile districarsi. I due popoli che ci interessano qui, volendo parlare di Turno sono i Latini, il cui re si chiama Latino (logico, no?) e la cui città capitale è Laurentum, e Turno, giovane re dei Rùtuli che vivono al di là del fiume Numico (difficile da capire dove si trovi) nella città di Ardea. Ora, Latino ha una figlia, Lavinia, e questa figlia è mezza promessa a Turno, soprattutto per insistenza della madre di lei, la regina Amata (bel nome!), che è in perenne ammirazione (e forse anche un po’ innamorata) del futuro genero. Quando Latino, seguendo un oracolo, acconsente a promettere ad Enea la mano della figlia, cominciano i guai e scoppia la guerra tra Troiani e Latini-Rùtuli. Naturalmente c’è anche lo zampino di Giunone in questa guerra, ma di questo parleremo un’altra volta. Il nostro Turno è un giovane re pronto a guerreggiare, pronto a dimostrare la forza della sua giovinezza sul campo di battaglia. E Giunone soffia su questo fuoco, istiga il giovane a combattere per riconquistare Lavinia. Da questo punto in avanti, Turno si trasforma in una macchina per uccidere, istigato e guidato dalle mani di dee, delle Furie, delle Ninfe. Poveretto, non sembra in grado di compiere le sue battaglie da solo, sempre viene animato o salvato da forze divine. E quando queste lo abbandonano, quando vede svolazzare una civetta attorno al suo capo, capisce che la fine è vicina e lascia cadere le armi invocando pietà di fronte ad Enea. E muore, ultima delle giovani vittime che la guerra del Lazio comporta: “a quello si dissolve il corpo nel gelo e la vita con un gemito fugge indignata tra le ombre.” Sono le ultime, conclusive, parole del poema. Ma prima di morire, Turno manda fra le ombre stuoli di giovani e meno giovani, con una ferocia e una furia guerriera degna di Ettore o di Achille. Di nuovo la gioventù di un popolo guerriero, la vita al servizio della gloria e del furore delle armi. Molti padri malediranno il loro sopravvivere ai loro figli, che nel poema compaiono e sono nominati solo per essere uccisi da Turno (o da Enea, suo alter-ego sul campo da battaglia). Destinato a morire dai fati, il giovane Turno è il classico esempio della forza della gioventù che ignora il pericolo e insegue la gloria. Non per il bene del suo popolo, non per riconquistare Lavinia, non per sconfiggere Enea. Per combattere, per vivere e morire con l’ansia guerriera, con la forza divina che questa dona. Leggere della sua vita, delle sue battaglie, delle sue stragi e, alla fine, della sua morte, riempie di commozione perché lo si vede preda di un furore più grande di lui, che alberga nel suo corpo atletico e riluce nelle sue splendide armi. Chissà quale ricchezza sarebbe sbocciata da questo giovane re coraggioso, se non si fosse consumato sul campo di battaglia…

Andreas Barella

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L’Eneide, quale versione leggere?

L’Eneide, quale versione leggere?
Eneide: quale versione leggere?

Eneide: quale versione leggere?

Un amico mi chiede in che versione leggere l’Eneide. Le versioni erudite sono molte, negli ultimi anni ne sono uscite almeno una decina. Quale leggere? Il mio consiglio è di recarsi in biblioteca o in libreria e sfogliarle prima di scegliere quella che vi piace di più, tenendo conto di stile, quantità di note a piè di pagina (se si legge per piacere possono disturbare più di quanto aiutino) o a fine capitolo, introduzione e commenti. Assolutamente necessario è, secondo me, avere il testo latino a fronte, anche se non si conosce bene la lingua degli antichi romani. È molto bello andare a leggere alcune espressioni e a cercare di costruire la grammatica latina. Per chi invece vuole un testo scorrevolissimo con brevi introduzioni a inizio canto e una traduzione in linguaggio (a volte fin troppo) comune può orientarsi sul libro di Vittorio Sermonti (ricordate? Aveva commentato nello stesso modo la Divina Commedia di Dante), “L’Eneide di Virgilio” edito da Rizzoli.

Andreas Barella (2008)

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L’Eneide: il pio Enea

L’Eneide: il pio Enea
Enea, Ascanio, Venere e Didone

Enea, Ascanio, Venere e Didone

L’Eneide, in generale, mi lascia più freddo sia dell’Odissea che dell’Iliade. Perché? Forse perché è un’opera scritta da una sola mano, mentre i poemi omerici risentono di molte influenze e molte versioni, come si addice a un’opera orale che finisce su pergamena. Ma ci sono alcuni aspetti che vale la pena sottolineare lo stesso, nell’Eneide. Intanto il protagonista , il pio Enea, compie un viaggio che in qualche modo sembra speculare a quello di Ulisse. Enea parte da una terra in distruzione – Troia – e si avventura per mare per cercare una nuova sistemazione per lui, la sua gente e le insegne della sua civiltà. Lascia la guerra per cercare la pace. Ulisse, al contrario, lascia la pace per cercare la guerra quando parte da Itaca e si imbarca per Troia e tutta la sua storia parla di un tentato ritorno alla sua amata isola, alla sua casa. Seconda specularità: Enea parte “pio” (che qui sta per “colui che esegue quello che gli dèi comandano, colui che accetta con pazienza infinita quello che i fati gli impongono”) e termina sanguinario nelle battaglie del Lazio (dove sgozza chi implora pietà, compie sacrifici umani di giovinetti catturati e dimentica benevolenza e ragione); Ulisse riparte sanguinario da Troia (distrugge e razzia alcune città sulle coste mediterranee) e pian piano riconquista sudatamente la sua umanità grazie alla sofferenza. Enea non mi sembra crescere nel suo viaggio, le sue parti nobili, la sua sofferenza, la sua storia non riescono a coinvolgere e a commuovere… La scena per me più coinvolgente è quando i troiani approdano sull’isola dei Ciclopi e vi trovano un greco dimenticato da Ulisse durante la sua fuga. L’uomo, appena capisce che ha di fronte Enea, principe troiano, si dice contento di poter morire per mano di esseri umani come lui piuttosto che divorato dai mostri con un occhio solo. I troiani, turbati e commossi per la tragedia del marinaio-guerriero, non lo uccidono e lo imbarcano con loro. Del marinaio di Ulisse non si parlerà più, ma mi piace pensare che anche lui sbarcherà nel Lazio e concorrerà alla creazione della nuova stirpe che fonderà Roma. I troiani sanno leggere il dolore del nemico e capiscono che è identico al loro. Per questo perdonano e accettano. E questo me li rende simpatici e vicini al cuore! Di Venere e Giunone e degli déi in generale, di Didone e della sua tragedia, di Turno e dei suoi guerrieri, dei giovinetti che muoiono nelle battaglie cruentissime parlerò nei prossimi interventi. Per ora, buona lettura (o rilettura) dell’Eneide: spero che queste poche righe vi abbiano fatto venir voglia di riprenderla in mano! Diciamo la verità: ne vale proprio la pena!

Andreas Barella (2008)

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L’Eneide, introduzione

L’Eneide, introduzione
Qui comincia la lettura dell'Eneide...

Qui comincia la lettura…

In questi giorni sto terminando la rilettura dell’epica di Virgilio, l’Eneide appunto. L’avevo letta anni fa, all’università, in latino. Ora me la godo in italiano con il testo a fronte… bello leggere per piacere e non per dovere. 🙂

Comunque è un libro veramente violento. È la prima cosa che mi colpisce, la violenza è disseminata in ogni pagina. Non ricordavo più come il “pio Enea” facesse addirittura sacrifici umani per vendicare la morte di un giovane amico guerriero… E che logica aberrante quella della guerra. I millenni sono passati, ma la violenza è sempre uguale e risponde a regole così semplici da risultare quasi incomprensibile. 🙁

Inserisco qua di seguito alcuni pensieri su diversi aspetti dell’Epica di Virgilio.

Andreas Barella

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