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Ermafrodito e altri esseri bisessuali

Ermafrodito e altri esseri bisessuali

L’essere bisessuale per eccellenza, nella mitologia greca, si chiama Ermafrodito, figlio, come dice il suo nome, dell’amore di Ermes e Afrodite. Questo personaggio — introdotto forse da ambiente orientale — è abbastanza recente nella mitologia: sue immagini iniziano a comparire solo nel quinto-quarto secolo a.C. L’androginia è invece una prerogativa assai antica del divino: gli dèi più arcaici sono sessualmente indifferenziati e contengono in sé l’energia riproduttiva di entrambi i sessi, potenziata perché racchiusa in un unico essere.

Ermafrodito era oggetto di un culto popolare e iconico certamente nel quarto secolo a.C.; i suoi giorni sacri erano il quarto e il settimo del mese. Nel quarto si diceva che fossero nati sia Ermes che Afrodite, e questo giorno veniva considerato il migliore per i matrimoni e quindi per la procreazione: è nel quarto giorno del mese che Esiodo raccomanda di portarsi in casa una moglie (Opere e giorni 800); e il superstizioso di cui si fa beffe Teofrasto (Caratteri 16) nel quarto e nel settimo giorno di ogni mese si dedica a comprare incenso da bruciare e passa l’intera giornata a inghirlandare statuette di Ermafroditi.

La storia di Ermafrodito è nota in particolare attraverso il grazioso racconto di Ovidio, che ne fa la trama di una piccola anche se inquietante elegia d’amore. Egli era in origine un meraviglioso giovane, e si dilettava di caccia sui monti e nelle solitudini. Un giorno, mentre si trovava presso una sorgente, la ninfa del luogo, Salmacide, s’innamorò di lui e lo ghermì. Ermafrodito si divincolò, mentre la ninfa lo abbracciava e pregava gli dèi che mai sciogliessero quell’abbraccio. Fu esaudita: i due corpi divennero uno solo, maschile e femminile insieme. La fonte Salmacide, da allora, ha il potere di togliere la virilità a chiunque vi s’immerga.

Quello di Ermafrodito non è l’unico esempio di bisessualità della mitologia. Esistevano altri personaggi che l’avevano sperimentata nel loro corpo, generalmente però come prodotto di un cambiamento di sesso. Era questo il caso di Ceneo, che era in origine una donna di nome Cenide. Poseidone si innamorò di lei e la ragazza acconsentì a ricambiare i suoi abbracci, ma chiese in compenso di essere trasformata in uomo e inoltre di avere il dono dell’invulnerabilità. Così le fu concesso; Ceneo, diventato ormai un uomo possente, si coprì di gloria per il suo valore. L’ultima sua impresa, in cui trovò la morte, fu la battaglia contro i Centauri, alla quale partecipò insieme ai Lapiti. Poiché i Centauri, per quanti colpi sferrassero, non riuscivano a ferirlo, lo assalirono tutti insieme e lo seppellirono vivo, piantandolo nella terra con colpi di tronchi di abete. Secondo alcuni racconti, Ceneo dopo la morte ritornò a essere donna, oppure divenne un uccello dalle ali variopinte; ma in generale si riteneva che abitasse nel suolo come demone sotterraneo, né morto né vivo, a somiglianza di altri eroi ctoni quali Trofonio e Anfiarao. Di lui si raccontava anche un’altra storia: Ceneo mise in fuga da solo i Centauri, poi gonfio d’orgoglio piantò la sua lancia in mezzo alla piazza e obbligò tutti i cittadini a onorarla e a fare giuramenti in nome suo. Fu un gesto di folle arroganza (hybris), perché con questi atti Ceneo usurpava le prerogative divine; perciò Zeus eccitò nuovamente contro di lui i Centauri, che lo seppellirono vivo.

Anche Tiresia sperimentò lo sdoppiamento di sesso e ciò fu per alcuni all’origine della sua cecità e delle sue qualità di profeta. Secondo una versione del mito egli divenne cieco per avere visto Atena nuda una sorgente. La versione alternativa diceva che fu chiamato come arbitro in una contesa tra Zeus ed Era sulla natura del piacere sessuale, maschile e femminile: Tiresia, infatti, era l’unica creatura vivente che potesse pronunciarsi sull’argomento, perché un giorno, dopo aver ucciso un serpente che si stava accoppiando, era improvvisamente divenuto donna e cosi aveva vissuto molto tempo (sette anni, si diceva), finché aveva nuovamente ucciso, nello stesso luogo, un altro serpente in amore, ritornando uomo. Interrogat0 dagli dèi decretò che il piacere femminile è maggiore, e perciò Era, adirata per l’accusa di sfrenatezza che era stata rivolta al suo sesso, lo privò della vista; in cambio, Zeus gli concesse il dono della profezia e una vita lunghissima.

I miti parlano di un altro essere bisessuale, Agdisti. Il racconto che lo riguarda è di origine orientale, connesso ai rituali di Cibele e del suo paredro Attis, i cui sacerdoti praticavano l’autoevirazione, come un tempo si diceva avesse fatto lo stesso Attis, al quale si conformavano. In ambiente mediorientale il mito di Attis assume varie forme; Pausania riferisce una variante arrivata sino a Dime, in Acaia, dove la Madre degli dèi e il suo paredro avevano un tempio molto frequentato. La storia era originaria di Pessinunte, la terra della Gran Madre. Si diceva che Zeus, nel sonno, fece cadere al suolo alcune gocce del suo seme e di lì nacque un essere bisessuale che venne chiamato Agdisti; gli altri dèi, intimoriti dalla sua forma insolita, lo evirarono e dal suo membro reciso nacque un mandorlo. La figlia del dio-fiume Sangario colse una mandorla di quell’albero e la ripose sul suo seno: di lì nacque Attis, che subito dopo venne abbandonato e scampò miracolosamente alla morte grazie a un caprone che lo nutrì. Il ragazzo crebbe e divenne talmente bello che l’evirato Agdisti s ‘innamorò di lui. In seguito, Attis fu sul punto di sposare la figlia del re di Pessinunte, ma quando già le nozze stavano per essere celebrate Agdisti si rifece vivo e Attis, preso da improvvisa follia, si evirò, come un tempo era accaduto a Agdisti, e lo stesso fece il re di Pessinunte. Attis morì per quella ferita, ma dagli dèi gli fu concesso di non corrompersi mai.

Il brano di questo post è tratto dal magnifico libro di Giulio Guidorizzi, Il mito greco. Si tratta di due volumi (usciti per Mondadori nel 2009 e nel 2012) che noi vi consigliamo caldamente. Qui una lista di altri volumi di Guidorizzi sul mito greco.

La storia di Ermafrodito e della ninfa Salmacide, tratta da Ovidio
Il mito di Ceneo-Cenide, tratto da Ovidio
Il mito di Tiresia diventato donna e ritornato uomo, tratto da Apollodoro, Igino e Ovidio
La storia di Agdisti, tratta da Pausania

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I miti greci grazie alle nostre recensioni e approfondimenti

I miti greci grazie alle nostre recensioni e approfondimenti

Care amiche e cari amici,

ci sono voluti diversi anni, ma alla fine ce l’abbiamo fatta: abbiamo recensito e raccontato i miti contenuti nella bella collana I Grandi Miti Greci, composta da trenta agili volumetti che introducono nuovi lettori, ma che sono allettanti anche per gli esperti, ai grandi protagonisti del mito greco (un po’ sottorappresentate le protagoniste femminili a dir la verità. Dieci titoli su trenta: si può fare meglio), e di recensirla fornendo in altri post un ricco apparato delle storie mitologiche trattate nei volumi. Nel frattempo, ahimé, la collana è fuori catalogo e bisognerà attendere una nuova ristampa. I volumi sono apparsi a più riprese nelle edicole, in abbinamento al Corriere della Sera e ad altri periodici.

NOVITÀ NOVEMBRE 2021: ATTUALMENTE LA COLLANA È DISPONIBILE SUL SITO DEL CORRIERE, NON SAPPIAMO FINO A QUANDO.

Visto che abbiamo concluso il lavoro, qua sotto trovate per vostra comodità l’elenco dei post pubblicati, con tutti gli approfondimenti: sono circa 115 contributi. Siamo fieri di noi! BUONA LETTURA, AMICHE E AMICI!

La presentazione ufficiale della collana: “Dalle avventure di Eracle alla tragedia di Antigone, dagli enigmi della Sfinge al giudizio di Paride: vi presentiamo I Grandi Miti Greci, una collana di monografie dedicate agli eroi e agli dèi della mitologia ellenica, appositamente scritte da autorevoli docenti universitari con la curatela di Giulio Guidorizzi. In ogni libro, la ricostruzione del mito, gli autori e le opere che nei secoli se ne sono occupati, una sezione antologica con i testi più rappresentativi e utili apparati critici. Immergiti in un mondo di storie antiche quanto la cultura occidentale, imprese intramontabili e personaggi mitici che da più di due millenni nutrono il nostro immaginario. Le grandi storie sono eterne.”

Una lettura che vale proprio la pena. In una prima sezione vi è il racconto sintetico e l’analisi del mito; in una seconda sezione vi sono gli sviluppi nell’arte del mito trattato: musica, quadri, libri, piéce teatrali ispirate dal mito vengono raccontate e commentate. In una terza sezione vi sono poi degli estratti della storia dalle opere più famose che ne hanno parlato. Una ricca bibliografia e sitografia completa ogni volumetto, che si legge in un paio di ore e lascia l’anima leggera e soddisfatta. Una lettura consigliata. L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012).

  1. Edipo – Il gioco del destino
  2. Dioniso – L’esaltazione dello spirito
  3. Apollo – La divina bellezza
  4. Zeus – Le origini del mondo
  5. Arianna – Le insidie dell’amore
  6. Orfeo – La nascita della poesia
  7. Ulisse – Il viaggio della ragione
  8. Medea – La condizione femminile
  9. Prometeo – Il dono del fuoco
  10. Antigone – La ragione di stato
  11. Fedra – L’insana passione
  12. Ade e Persefone – Gli dèi degli inferi
  13. Enea – L’eroe di una nuova dinastia
  14. Circe – La seduzione e la magia
  15. Eracle – L’eroe più popolare
  16. Teseo – Lo stato e le donne
  17. Elena – La bellezza che genera la guerra
  18. Afrodite – La primavera dell’amore
  19. Achille – Il guerriero vulnerabile
  20. Narciso – La morte, lo specchio e l’amore
  21. Atena – La dea invincibile
  22. Poseidone – La forza del profondo
  23. Le Sirene – Incanto e seduzione
  24. Ettore – L’eroe e la sua sposa
  25. Artemide – La natura selvaggia
  26. Giasone – La verità su un eroe
  27. Agamennone – Il re dei re
  28. Perseo – L’audacia dell’avventura
  29. Hermes – Il dio dell’astuzia
  30. Sisifo – I grandi peccatori

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Il mito di Sisifo

Il mito di Sisifo

Il racconto del mito di Sisifo è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 30: Sisifo – I grandi peccatori.

Sisifo, figlio di Eolo, sposò una figlia di Atlante, Merope, la Pleiade, che gli generò Glauco, Ornizione e Sinone; egli possedeva una bella mandria di bestiame sull’istmo di Corinto. Nei pressi viveva Autolico, figlio di Chione, il cui fratello gemello, Filammone, era stato generato da Apollo, benché Autolico si vantasse di avere per padre Ermes. Ora, Autolico era un vero maestro nell’arte del furto, poiché Ermes gli aveva conferito il potere di trasformare le bestie che rubava, mutando le bianche in nere e quelle senza corna in cornute o viceversa. E Sisifo, pur essendosi accorto che la propria mandria diveniva sempre più esigua, mentre i capi della vicina mandria di Autolico aumentavano sempre più, non riuscì a raccogliere le prove per accusarlo di furto; un giorno pensò dunque di incidere all’interno degli zoccoli dei suoi animali il monogramma SS o, come altri dicono, le parole «Rubata da Autolico». Quella notte Autolico fece man bassa come al solito, e all’alba le impronte degli zoccoli lungo il sentiero fornirono a Sisifo la prova che gli occorreva per denunciare il furto ai vicini. Tutti assieme si recarono alle stalle di Autolico, dove Sisifo riconobbe le sue bestie per via dei segni incisi sugli zoccoli e, lasciando i vicini a discutere col ladro, si precipitò nella casa, entrò dalla porta principale e, mentre fuori ferveva la disputa, sedusse Anticlea, figlia di Autolico e moglie di Laerte l’Argivo. Anticlea gli generò Odisseo, e le circostanze in cui costui fu concepito bastano a spiegare la sua straordinaria astuzia e il suo soprannome «Ipsipilo».

Sisifo fondò Efira, più tardi chiamata Corinto, e la popolò con uomini nati dai funghi, a meno che, come altri narrano, quel regno non gli fosse stato donato da Medea. I suoi contemporanei lo giudicavano il peggior furfante della terra, e gli riconoscevano soltanto il merito di aver sviluppato a Corinto il commercio e la navigazione. Quando, alla morte di Eolo, Salmoneo usurpò il trono tessalico. Sisifo, che era il legittimo erede, consultò l’oracolo di Delfi e gli fu detto: «Genera figli in tua nipote; essi ti vendicheranno!» Egli allora sedusse Tiro, figlia di Salmoneo, ma quando Tiro si accorse che Sisifo non era stato mosso da amore per lei, ma da odio per il padre suo, uccise i due figli che da lui aveva avuti.

Dopo che Zeus ebbe rapito Egina, suo padre, il fiume Asopo, giunse a Corinto in cerca di lei. Sisifo sapeva benissimo che cosa fosse accaduto a Egina ma non volle dire nulla finché Asopo non promise di far scaturire nella cittadella di Corinto una fonte d’acqua perenne. Asopo fece zampillare la fonte Pirene dietro il tempio di Afrodite, dove sorgono ora i simulacri della dea in armi, del Sole e di Eros l’arciere. E Sisifo gli narrò l’accaduto. Zeus, che era sfuggito a fatica alla collera di Asopo, ordinò a suo fratello Ade di trascinare Sisifo nel Tartaro e di infliggergli una punizione eterna per aver tradito i segreti degli dèi. Tuttavia, Sisifo riuscì a trarre in inganno Ade e lo chiuse nei ceppi a lui destinati pregandolo di mostrargli come funzionavano. Così Ade rimase prigioniero nella casa di Sisifo per alcuni giorni (e si creò una situazione gravissima perché nessuno poteva morire, nemmeno i decapitati) finché Ares, che vedeva minacciati i propri interessi, non giunse a liberarlo consegnandogli Sisifo prigioniero. Ma Sisifo aveva un altro trucco in mente. Prima di discendere al Tartaro, disse a sua moglie Merope di non seppellirlo e, appena varcata la soglia del palazzo di Ade, si recò immediatamente dinanzi a Persefone e le disse che, poiché il suo corpo non era stato sepolto, egli sarebbe dovuto rimanere sulla riva più remota dello Stige. «Lasciatemi ritornare nel mondo dei vivi», insistette, «provvederò al mio funerale e punirò l’incuria dei miei familiari. La mia presenza qui è illegittima. Tornerò fra tre giorni». Persefone si lasciò ingannare e concesse a Sisifo ciò che egli le chiedeva. Ma appena fu tornato alla luce del sole. Sisifo non mantenne la promessa fatta a Persefone e Ade fu costretto a ricondurlo al Tartaro con la forza.

ll mito di Sisifo, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Recensione: Sisifo – I grandi peccatori

Recensione: Sisifo – I grandi peccatori

“Viene sempre il momento in cui bisogna scegliere fra la contemplazione e l’azione. Ciò si chiama diventare un uomo.” (Albert Camus, Il mito di SIsifo)

Dal risvolto di copertina: “Figlio di Eolo e di Enarete, Sisifo appartiene a una delle prime grandi stirpi sulla terra. Vive a Efira, città che lui stesso ha fondato , quella che poi diventerà Corinto. Qui sposa Merope, figlia di Atlante, una delle Pleiadi, che sorgono a segnare i lavori degli uomini, quando è ora di mietere il frumento e tramontano quando è il tempo dell’aratura. Un giorno Sisifo per caso vede Zeus rapire Egina, una delle dodici figlie del fiume Asopo. Dovrebbe tacere, invece rivela l’accaduto al padre. Zeus adirato gli manda per punizione Thanatos, la morte. Ma Sisifo, ed ecco la sua colpa, reagisce e la incatena, mutando gli assetti del mondo: se non muore Sisifo, non muore nessuno. Sisifo è il più astuto di tutti i mortali, ma per gli uomini è molto pericoloso sfidare il potere degli dèi. Così scenderà nell’Ade, condannato a spingere un masso su per un monte, in una pena senza fine.”

Dall’introduzione di Giulio Guidorizzi: “La nozione di ‘peccato’ è estranea alla religione greca. Sisifo ingannava; ma anche altri ingannarono, per esempio Ulisse, eppure non stanno tra i puniti. Clitemnestra sgozzò il marito, eppure nemmeno lei ribolle tra i tormenti infernali. Restano dunque questi ‘grandi colpevoli’ che hanno osato varcare i limiti dell’umano: la loro colpa è infatti avere tentato di oltraggiare la purezza degli dèi e le regole che mantengono in armonia l’universo.”

Oltre alla narrazione del mito, il volume contiene anche approfondimenti sulla sua fortuna nel corso dei secoli, in tutte le forme artistiche: letteratura (con una ricca antologia di testi classici sul mito), pittura, teatro, cinema. Inoltre vi è una tavola genealogica, e un ricco apparato bibliografico e sitografico. Il volume su Sisifo è curato da Alberto Camerotto, docente di Lingua e letteratura greca presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Qui gli ultimi volumi pubblicati.

L’intera collana di trenta volumi è a cura di Giulio Guidorizzi. Guidorizzi è grecista, traduttore, studioso di mitologia classica e antropologia del mondo antico. Ha scritto numerosi libri sulla mitologia. Noi vi consigliamo, per iniziare, il suo bellissimo Il mito greco (in due volumi, usciti nel 2009 e nel 2012). Qui una lista di suoi volumi sul mito greco.

Il racconto del mito di Sisifo
Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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Il mito di Hermes

Il mito di Hermes

Il racconto del mito di Hermes è collegato alla nostra recensione della collana “Grandi Miti Greci”, Volume 29: Hermes – Il dio dell’astuzia

Quando Hermes nacque sul monte Cillene, sua madre Maia lo avvolse nelle fasce e lo depose in un canestro, ma con sorprendente rapidità egli si trasformò in un ragazzine, e non appena la dea gli voltò le spalle balzò fuori dalla culla e andò in cerca di avventure. Giunto nella Pieria, dove Apollo custodiva una magnifica mandria di vacche, decise di rubarle. E affinché Apollo non lo acciuffasse seguendo le tracce degli animali, fabbricò alla svelta grandi babbucce con la corteccia di una quercia caduta e le legò agli zoccoli delle vacche con fili d’erba intrecciati; poi si allontanò nottetempo guidando la mandria lungo un sentiero. Apollo, il mattino dopo, si accorse del furto, ma il trucco di Hermes funzionò a meraviglia, e benché il dio si spingesse fino a Pilo a occidente, e fino a Onchesto a oriente alla ricerca delle sue bestie, fu costretto a dichiararsi vinto e offrì una ricompensa a chi gli consegnasse il ladro. Sileno e i suoi Satiri, allettati dal premio, si sparsero per tutta la regione con la speranza di acciuffare il malfattore, ma per qualche tempo i loro sforzi non approdarono a nulla. Alla fine, passando dall’Arcadia, un gruppo di Satiri fu colpito dal suono di una musica mai udita prima e la ninfa Cillene, dalla bocca di una caverna, disse che era nato un portentoso fanciullo, di cui essa era nutrice: egli si era costruito un ingegnoso balocco musicale col guscio di una tartaruga e interiora di vacca, e traendone una dolce musica aveva cullato sua madre fino a farla addormentare. «Dove ha trovato le interiora di vacca?» chiesero i Satiri improvvisamente interessati, notando due pelli stese a disseccare dinanzi alla grotta. «Volete forse accusare di furto questo piccolo innocente?» chiese Cillene; e tra la ninfa e i Satiri volarono parole grosse.

Sopraggiunse Apollo, che era riuscito a identificare il ladro dopo aver osservato con attenzione lo strano comportamento di un uccello dalle lunghe ali. Entrato nella grotta egli svegliò Maia e le disse con voce severa che Hermes doveva restituirgli la mandria. Maia indicò il fanciullo, ancora avvolto nelle fasce e che fingeva di dormire tranquillamente. «Le tue accuse sono assurde» gridò. Ma Apollo aveva già visto che le pelli appese a disseccare appartenevano a due delle sue bestie. Agguantò dunque Hermes, lo portò sull’Olimpo e lo accusò formalmente di furto, presentando come prova le pelli. Zeus cui ripugnava di credere che il suo figlioletto appena nato fosse un ladro, invitò Hermes a dichiararsi innocente, ma Apollo non si lasciò abbindolare ed Hermes, alla fine, cedette e confessò. «Vieni con me», disse ad Apollo, «e riavrai le tue bestie. Ne ho uccise soltanto due, tagliandole in dodici parti uguali da sacrificare ai dodici dei». «Dodici dei?» chiese Apollo stupito, «e chi sarebbe il dodicesimo?» «Il tuo servo, signore», replicò Hermes con finta modestia, «e ti assicuro che ho mangiato soltanto la mia parte, benché avessi una gran fame, bruciando sull’altare le altre undici». Quello fu il primo sacrificio cruento in onore degli dei. I due dei ritornarono sul monte Cillene dove Hermes salutò sua madre e andò a frugare sotto una pelle di capra per prendere qualcosa che aveva nascosto. «Che hai lì?» chiese Apollo. Per tutta risposta, Hermes gli mostrò la lira che aveva appena ricavata da un guscio di tartaruga, e suonò una melodia così bella, servendosi del plettro, e cantò una canzone così lusinghiera elogiando l’intelligenza, la nobiltà e la generosità di Apollo, che ottenne subito il perdono. Sempre suonando e cantando, Hermes guidò verso Pilo il deliziato Apollo e gli restituì la mandria che aveva nascosta in una grotta. «Facciamo un baratto», disse Apollo, «io ti lascio la mandria in cambio della lira». «D’accordo», rispose Hermes, e suggellarono il patto con una stretta di mano. Mentre le vacche pascolavano pigramente, Hermes tagliò una canna, ne fece uno zufolo da pastore e suonò un’altra melodia. E Apollo, di nuovo deliziato, gridò: «Facciamo un baratto! Tu mi dai lo zufolo e io ti do il bastone dorato che uso per radunare il bestiame; in futuro tu sarai il dio di tutti i mandriani e di tutti i pastori». «II mio zufolo vale più del tuo bastone», replicò Hermes, «ma accetto di fare il baratto se mi insegni l’arte augurale, che mi sembra molto utile». «Questo non lo posso fare», replicò Apollo, «ma se andrai dalle mie vecchie nutrici, le Trie che vivono sul Parnaso, esse ti insegneranno a leggere il futuro nei sassolini». Si strinsero di nuovo la mano e Apollo, riportato il fanciullo sull’Olimpo, raccontò a Zeus l’accaduto.

Zeus invitò Hermes a rispettare d’ora in poi la proprietà altrui e a non dire spudorate bugie; ma non poté trattenersi dal sorridere. «Mi pare che tu sia un piccolo dio molto ingegnoso, eloquente e persuasivo», disse. «E allora fa’ di me il tuo araldo, o Padre», rispose Hermes. «Io custodirò i beni divini e non dirò mai bugie, benché non possa promettere di dire sempre tutta la verità.» «Da te non me la potrei aspettare», rise Zeus, «ma i tuoi compiti non si limiteranno a questo. Dovrai presiedere alla stipulazione dei trattati, favorire i commerci e proteggere i viaggiatori su tutte le strade del mondo». Hermes accettò le condizioni e Zeus gli diede una verga da araldo adorna di bianchi nastri, che tutti avrebbero dovuto rispettare; un berretto rotondo che gli riparasse il capo dalla pioggia e aurei sandali alati che l’avrebbero portato dovunque con la rapidità del vento. Egli fu accolto con entusiasmo dalla famiglia degli dèi olimpi e insegnò loro ad accendere il fuoco facendo roteare rapidamente un bastoncino nella fessura di un ceppo.

In seguito, le Trie insegnarono a Hermes come predire il futuro osservando la disposizione dei sassolini in un catino pieno d’acqua, ed egli stesso inventò poi il gioco divinatorio degli astragali. Anche Ade si servì di lui come araldo, perché facilitasse il trapasso dei morenti in modo eloquente, e gentile, appoggiando sui loro occhi la sua verga d’oro. Hermes aiutò le tre Moire a comporre l’alfabeto, inventò l’astronomia, la scala musicale, l’arte del pugilato e della ginnastica, la bilancia e le misure di capacità (invenzione che altri attribuiscono a Palamede) e la coltivazione dell’olivo. Taluni ritengono che la lira inventata da Hermes avesse sette corde; altri che ne avesse soltanto tre, corrispondenti alle stagioni o quattro, corrispondenti alle quattro parti dell’anno, e che Apollo portò il loro numero a sette. Hermes ebbe molti figli, fra i quali ricordiamo Echione, l’araldo degli Argonauti; Autolico, il ladro; e Dafni, l’inventore della poesia bucolica. Codesto Dafni era un bel giovane siciliano e sua madre, una ninfa, lo abbandonò in un bosco d’allori sulla montagna di Era; ecco il perché del nome che gli fu dato dai pastori, suoi genitori adottivi. Pan gli insegnò a suonare lo zufolo; egli era il beniamino di Apollo e cacciava spesso in compagnia di Artemide, che gradiva il suono della sua musica. Dedicava gran cura alla sua mandria, che era della stessa stirpe della mandria di Elio. Una ninfa chiamata Nomia gli fece giurare di non esserle mai infedele, sotto pena di venire accecato; ma la rivale di Nomia, Chimera, riuscì a sedurre Dafni ubriaco, e Nomia lo accecò mettendo in atto la sua minaccia. Dafni si consolò per la perdita della vista suonando tristi canzoni, ma non sopravvisse a lungo. Hermes lo trasformò in una pietra che ancora si vede presso la città di Cefalenitano; e fece sgorgare a Siracusa una fontana che porta il nome di Dafni: colà ogni anno si offrono sacrifici.

ll mito di Hermes, riassunto dalla versione di Robert Graves ne “I Miti Greci”. Un libro pubblicato da numerose case editrici e che vi consigliamo caldamente. Qua trovate la nostra recensione al volume di Graves

Il piano dell’opera “Grandi Miti Greci” e recensioni agli altri volumi.

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